Non
sono mai stato un fan sfegatato del gruppo irlandese, ma sono cresciuto
con le loro musiche in testa, insieme a quelle dei Big Country e dei
Simple Minds e dei gruppi punk rock che ballavo nelle discoteche alternative.
Quando ero giovane ho divorato i loro classici e li ho sempre ammirati,
almeno due loro brani ancora oggi mi fanno venire la pelle d’oca
e sono l’inno “Sunday Bloody Sunday” e la dolcissima
“With or Without You”, poi c’è stata la svolta
elettronico commerciale degli anni ’90 e per me fu come un tradimento,
ancora oggi ho dei dubbi sulla bontà di quella scelta, ma il
successo ottenuto in qualche modo ha dato loro ragione, il resto sono
elucubrazioni mentali di poco conto.
Oggi il gruppo, che dall’inizio del nuovo millenio è
tornato a fare musica rock, ci propone il nuovo album, un disco di
undici traccie prodotto ancora una volta dalla coppia composta da
Brian Eno e Daniel Lanois, che hanno contribuito anche alla composizione
delle musiche di vari brani, ogni tanto spunta anche il contributo
di Steve Lillywhite. Il disco ovviamente era molto atteso e devo dire
che anch’io provavo una certa curiosità. L’avvio
è affidato alla title track, un brano che mette subito in mostra
le doti di Bono che sa ancora incantare con la sua grinta malinconica,
l’andamento è decisamente rock, ma gli arrangiamenti
sono estremamente curati e ne esce un sound pieno, quasi saturo e
molto avvolgente, un avvio in grande stile, ritroviamo gli U2 con
la loro unicità.”Magnificent” è uno dei
pezzi più riconoscibili della band, un inno alla vita dall’incedere
molto ottantiano, sembra quasi di essere tornati per un attimo indietro
nel tempo. “Moment of Surrender” è una ballad dove
spicca ancora la vocalità passionale di Bono, i suoni sono
morbidi, reduci delle sperimentazioni pop della scorsa decade, bello
il ritornello dal gusto epico. “Unknown Caller” è
impostata con un crescendo che risulterà molto gradito ai fans
di vecchia data, gli U2 sono in piena forma, magari un po’ troppo
prevedibili, ma con trent’anni di carriera sulle spalle se lo
possono permettere.
Molto bella “I’ll Go Crazy…” costruita su
una linea melodica tanto semplice quanto efficace. Ma ecco finalmente
che il gruppo cerca di graffiare per davvero e sforna uno dei brani
migliori del cd, “Get On Your Boots”, i suoni sono incalzanti
e la commistione tra hard rock ed elettronica pop raggiunge un livello
davvero interessante, magari il cd fosse stato tutto su questi livelli.
Ma anche la seguente “Stand Up Comedy” ci fa sobbalzare
con suo funky rock pieno di adrenalina, forse un po’ troppo
stile Lenny Kravitz. “Fez – Being Born” è
un brano complesso, pieno di riferimenti che vanno dal mediterraneo
e arrivano al post rock e a certo pop evoluto, probabilmente lo zampino
di Eno è molto presente qui. “White As Snow” è
una ballata incantevole, sospesa tra passato e presente, sembra quasi
una vecchia canzone folk, ma al tempo stesso è anche molto
moderna. “Breathe” ci riporta al rock più diretto,
quasi viscerale, è un bell’inno pieno di energia. Con
la ballata conclusiva “Cedars of Lebanon” si spengono
le luci su questo cd, il gruppo ha scelto di lasciarci con un brano
riflessivo, all’insegna dell’impegno sociale.
Gli U2 con questo nuovo album hanno saputo mantenere intatta la loro
credibilità, hanno dato alle stampe un disco realizzato come
si deve, non hanno più la forza dirompente del passato, ma
almeno restano ben al di sopra della semplice dignità e questo
non è poco. Dimenticavo, a me questo disco è piaciuto
molto. GB
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