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            Il revival sotterraneo degli anni ’70 continua malgrado il disinteresse 
            generale dei media, non stiamo parlando di nostalgie mai sopite, di 
            vecchi dinosauri che ritornano facendo finta che gli anni non siano 
            passati, non stiamo parlando di un gruppetto di persone con la pancetta 
            e i capelli grigi, che non si vogliono rassegnare alla forza del tempo 
            che passa… stiamo parlando di molti, moltissimi giovani musicisti 
            che riscoprono le calde sonorità dell’epoca d’oro 
            del rock, gli anni ’70 appunto e questa band emiliana formata 
            nel 2003, un classicissimo power trio, si dedica appunto con passione 
            alla riscoperta dell’heavy blues psichedelico.
 Moving the Mountain è il secondo disco di questa formazione, 
            ma non conosco il loro primo lavoro datato 2006. Il disco parte subito 
            con con un riff massiccio, orgoglioso, un sound superbo, che suona 
            maledettamente convincente e dimostra che questi musicisti hanno una 
            profonda cultura musicale alle spalle, ci sono tante influenze, se 
            volete sono tutti i soliti nomi da Hendrix in poi, ma questo conta 
            poco, quello che è importante è che gli Underground 
            Railroad sappiano convincerci di non essere solo degli emuli o degli 
            scopiazzatori e in questo primo brano qualsiasi dubbio è fugato, 
            tra l’altro il singer e chitarrista Enrico Cipollini ha anche 
            una bella voce, livemente roca e molto romantica, che si adatta molto 
            bene alla musica proposta. “Same Old Place” è giocata 
            su un ritmo tribale, con un blues molto psichedelico e ancora molto 
            riuscito. “Riverside” è una ballad aperta da un 
            arpeggio acustico, che pian piano diventa elettrico con un buon crescendo 
            finale pieno di energia. “Hard to Let Go” è una 
            seconda ballad, un lento non particolarmente originale, ma piacevole. 
            Si prosegue con l’hard rock agitato di “Chain Gang”, 
            ma mi piace molto di più l’incedere lento e solenne della 
            seguente”Enlightenment”. Siamo solo a metà del 
            disco che già sento il desiderio di riascoltare i primi brani, 
            ma ecco arrivare la chitarristica”Drown” con tanto di 
            wah wah, bella. Non meno intensa è la spirituale “Part 
            Time President”. Ottimo il blues lento di “Rainstorm”, 
            così come prende l’energia della intrigante “A 
            New Machine”, la band riesce a convincere sia coi brani più 
            riflessivi, che con quelli più viscerali. Con “Satisfied” 
            la band cerca di proporre un songwriting più complesso e maturo, 
            meno di pancia e più di testa, uscendone con un risultato apprezzabile. 
            L’album si chiude con uno dei brani più belli dell’intero 
            cd, “Dirty Woman” è un concentrato di energia, 
            con i suoi riff stoppati, che mettono in corpo una voglia di muoversi 
            a cui è impossibile resistere.
 
 Questa è musica fatta col cuore ed è molto bello che 
            ci sia ancora gente che si impegna come questi ragazzi, ce ne fossero 
            come loro, certo non è musica innovativa, non c’è 
            sperimentazione, è musica vintage, che guarda indietro, ma 
            almeno è musica. GB
 
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