Non c’è nulla da fare, la Magna Carta è sinonimo
di qualità, raramente mi è capitato di incocciare contro
realizzazioni scadenti. Questa volta tirano fuori dal cilindro gli
Under The Sun, un'altra magia Metal Prog dalle sane influenze AOR.
Il quartetto conosce bene sia la storia del Rock, sia dell’Hard
Rock, ecco allora fuoriuscire dalle canzoni sonorità a volte
moderne, altre tipicamente anni ’70 ed altre ancora anni ’80.
Un caleidoscopio di emozioni, repentini cambi di tempo, finalmente
pochi Dream Theater ed un gusto per la melodia tipicamente americano.
Bella la voce del cantante e chitarrista Chris Shryack, in sfoggio
sin dall’iniziale “This Golden Vojage”. Questa canzone
farà sobbalzare dal divano parecchi di voi, proprio come ho
fatto io. Gli Under The Sun sono al debutto, ma hanno gia tecnica
e personalità da vendere. Una degna produzione esalta il suono,
specialmente della batteria di Paul Shkut. “Tracer” è
variegatamene sognante, pur non essendo una ballata, in possesso della
chiave dello scrigno delle emozioni. Il ritornello è furbesco,
diciamo da stadio, ma nel complesso non possiamo proprio parlare di
canzone commerciale, anche perché improvvisamente subentrano
le schitarrate alla Pink Floyd, quelli di “The Wall”.
Sono sicuro che cominciate ad incuriosirvi e fate bene, perché
questo disco ha girato per molto tempo nel mio stereo.
Geniali nella breve “Seeing Eye God”, il basso di Kurt
Barabas riesce a svolgere un ottimo lavoro. Stile Yes per “Perfect
World”, mentre il ritornello richiama alla mente i Gentle Giant,
questo per ricollegarmi a quanto detto in precedenza al riguardo degli
anni ’70. Più semplice, ma non meno bella “Reflections”,
specialmente nei solo di chitarra. Ma da questo momento in poi il
disco ha una variante, i brani si allungano, la matrice Progressive
lascia segni più marcati e pure le tastiere di Matt Evidon.
Ascoltare “Breakwater” è pura goduria, riesce a
dipingere nella nostra mente immagini di lande nordiche, cattura l’attenzione
grazie all’assortimento sonoro, si lancia in repentine fughe
strumentali mai stucchevoli e dirette, insomma il sunto del Prog.
Ma non è tutto, il bello arriva con la successiva “The
Time Being”, dieci minuti di suoni e fresche idee suddivise
in tre parti, “In The Valley Of The Shadow Of” , “Passage
Angel” e “Scream For Redemption”. In esso c’è
tutto lo stile degli Under The Sun, annesse influenze. A seguire,
senza tregua, “Dream Catcher”, influenzata dall’Hard
Rock melodico degli anni ’80, una canzone fresca che ci fa conoscere
un differente lato della band. Si chiude in bellezza con i clamorosi
nove minuti di “From Henceforth Now And Forever (PS124)”.
Le tastiere sono molto presenti, la voce è filtrata, i suoni
fluttuano nella nostra testa come una nebbia, gli Under The Sun ci
danno la stoccata finale.
Personalmente in conclusione del disco sono assorto, le emozioni sono
state parecchie e l’ultimo brano, specialmente nel solo di chitarra
e di basso, mi ha straziato tanto da convincermi a rischiacciare la
traccia 10.
Non capitano spesso esordi del genere, ma non solo, non capita neppure
di imbattersi in dischi così intelligenti, forse troppo. Paradossalmente
quando è così c’è il rischio di non essere
compresi dal grande pubblico, il quale ha sempre privilegiato la semplicità.
Ma attenzione, qui siamo in campo Metal Progressive, quindi i fans
sono obbligati a comperare questo bel disco, gli altri ovviamente
possono essere esonerati. MS
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