Dopo
aver pubblicato una autoproduzione, arriva il primo disco ufficiale
per questa band di Foligno, che si cimenta in un post rock strumentale,
colto e raffinato. Musica di grande eleganza, che tende alla sperimentazione,
ma senza la ricerca di stranezze, che spesso rendono faticoso l’ascolto
ai meno avvezzi.
Il disco si apre con un breve intro, che ha il compito di introdurci
in un mondo a tinte fosche, dove la malinconia regna sovrana. In “American
Nightmare”, un brano lungo e strutturato, appaiono subito chiari
i riferimenti a certa dark wave sperimentale, tipo This Mortal Coil,
detta anche cold wave, musica ricca di suggestioni post moderne, un
altro nome che può venire in mente è quello dei Current
93, ma solo per alcune loro produzioni. Bello l’incedere quasi
danzante di “Tecno-bells & Funeral Party”, un brano
che dimostra una buona personalità. Molto più funebre
è “Deserto”, col suo incedere lento e cadenzato,
quasi solenne. Per contrasto ecco l’energia di “Smog”,
che propone delle ritmiche articolate e ipnotiche. Il brano seguente
riporta ad atmosfere sognanti e melliflue, che nella seconda metà
beneficiano dell’apporto della batteria, che da un po’
più di sostegno e aumentano le tinte dark. Molto poetica invece
è “Germania Anno Zero”, quasi minimale, ma intensa.
“Make Up the Rules…” è la summa di quanto
già ascoltato, infine si conclude l’ascolto con la notturna
“Peckinpah’s Twilight”.
Bravi questi L’Uomo di Vetro, che propongono un genere non facile
o scontato, e riescono nell’intento di realizzare un disco che
dimostra una spiccata personalità. GB
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