Assistere
ad un concerto nel teatro all’aperto del Vittoriale, che come
cornice ha il bellissimo lago di Garda, è già uno spettacolo
di per se, ma ieri sera sul palco sono saliti i Van Der Graaf Generator,
uno dei gruppi più sperimentali e oscuri del movimento prog
inglese degli anni ’70, una vera icona del rock.
Il gruppo capitanato da Peter Hammill è stato uno dei massimi
innovatori ed è anche stato fra i più originali partoriti
dalla scena prog. Vicini per certi versi ai King Crimson, con i quali
hanno infatti collaborato spesso, hanno saputo proporre un sound unico
rappresentato in capolavori assoluti come Pawn Hearts o Still Life.
Recentemente il gruppo si è riformato con i membri originali
ed ha pubblicato l’ottimo “Present” e questo è
il tour di supporto, ci sono state già alcune date nel nostro
paese, ma il teatro era pieno lo stesso, un appuntamento che tutti
i veri cultori del prog hanno saputo apprezzare e il gruppo infatti
non ha deluso le aspettative.
All’inizio ci sono stati i soliti problemi tecnici come le casse
di destra (guardando il palco) che non andavano e la band che ha avuto
bisogno di riscaldarsi un po’ prima di trovare il giusto affiatamento,
ma dopo il quarto pezzo tutto ha cominciato a funzionare alla grande.
La scaletta ovviamente è stata un viaggio che ha toccato tutta
la storia della band ed è riuscita ad emozionare i presenti,
che hanno più volte espresso la loro approvazione. Il sound
è stato magico come ai vecchi tempi, anzi sembrava quasi che
gli anni per il gruppo non fossero passati, solo la voce di Hammill
(per ovvi motivi) non è più quella di un tempo, ma comunque
si è dimostrato molto più in forma di quanto non siano
oggi tanti suoi colleghi del periodo. Peter conserva una grande carica
emotiva e un carisma invidiabile, che esprime sia quando canta che
quando suona le tastiere o la chitarra, ma anche i suoi compagni hanno
hanno suonato in modo ammirabile, Jackson ai fiati è stato
strepitoso, il tastierista Banton, che suonava sia le parti di basso
coi pedali che quelle tipiche di tastiera, creava delle atmosfere
oniriche irresistibili e il batterista Guy Evans si è prodotto
in tempi disumani, passando spesso da ritmiche semplici e dirette
ad altre profondamente complesse e articolate dimostrando una versatilità
molto gustosa.
Dalle mie parole si potrebbe forse pensare ad un concerto nostalgico,
eppure non c’era un’atmosfera retrò, piuttosto
sembrava quasi che il tempo non fosse passato nonostante certi suoni
fossero molto attuali, anche se quel modo di fare musica così
sperimentale purtroppo non è più molto diffuso fra i
musicisti di oggi. In ogni caso il pubblico era composto in buona
parte anche da giovani segno che l’interesse verso Hammill e
soci è ancora vivo.
In definitiva è stata una grande serata, con una grande band
che si è esibita per oltre due ore ed ha elargito un’esibizione
che resterà impressa nel cuore di tutti i presenti. Un plauso
va anche alla Faustini che spesso ci ha proposto grandi eventi in
ambientazioni particolari, rendendo veramente speciali le esibizioni.
GB
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