Anche
Vai con la sua etichetta non sfugge alla regola dell’album natalizio,
anche se lo fa con la dovuta classe proponendo una serie di brani
e di artisti fuori dagli schemi. L’album è prodotto dallo
stesso Vai che fino ad oggi non avevo mai visto vestire i panni del
figliol prodigo, mentre Neil Citron si è occupato della masterizzazione.
L’avvio è affidato ad Andy Timmons che esegue la spagnoleggiante
“Greensleves”, veramente toccante. Johnny Hiland propone
la tradizionale “Home For the Holydays” a cui da un tocco
country un po’ fanciullesco, ma il Natale è anche questo,
nella seconda parte si sterza verso il jazz e il tiro cambia in meglio.
“Jingle Bells” è interpretata da Adrian Legg che
col suo tocco incredibile riesce a vestirla di nuove sensazioni, senza
stravolgerne la natura. Peppino D’Agostino propone un proprio
brano “We Pray Sanctus” con tanto di coro di voci bianche,
una melodia che si candida a diventare col tempo un vero standard
natalizio, anche se il finale è decisamente prolisso.
L’esuberanza incontenibile di Greg Koch fatica a contenersi
in “God Rest Ye Merry Gentlemen” e si conferma un chitarrista
dal talento smisurato, vera gioia per le orecchie. I Dillingers rock’n’rollano
con “Run Rudolf Run”, dei veri burloni sempre in cerca
di divertimento, ma ad alto tasso tecnico. Mimi Fox si cimenta con
una jazzata “Winter Wonderland” e dimostra una finezza
espressiva che la candida ad essere uno degli episodi più raffinati
della presente raccolta. Dolcissimo Pierre Bensusan in “Fodere
L’Astronome”, altra rivelazione. Bravo, ma più
scontato dei predecessori risulta Pete Huttlinger con “The 25th
Day”. Chiude a sorpresa quel metallarone di Marty Friedman con
“Meditation From Thais” dove ne combina davvero di tutti
i colori, partendo romantico e contenuto per poi strabordare con la
sua tipica irruenza e infine tornare compassato e dolce come si conviene
per l’occasione.
Steve Vai con i suoi amici anche in questo contesto non ha certamente
deluso le attese dei suoi estimatori. GB
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