La storica label genovese ha prodotto questo mastodontico tributo a
Marc Bolan e David Bowie. Un lussuoso box contenente 3 cd con 49 brani
interpretati da 25 gruppi. Inoltre ci sono un poster realizzato da Luca
Malagò, un booklet con le informazioni relative ad ogni artista
che ha partecipato, due cartoni artistici e un badge. Le illustrazioni
sono state curate da Rosi Marsala e devo dire che mi sono davvero piaciute,
mentre la copertina è stata realizzata da Maru Malatesta.
La prima cosa che mi viene in mente è che realizzare un box di
questa portata sia stato un atto di coraggio notevole, solo la passione
vera può aver spinto lo staff della Blackwidow a cimentarsi con
opera così impegnativa. Raccogliere le collaborazioni di tutti
questi musicisti non è uno scherzo, se poi si guardano ai dati
di vendita dei dischi, bisogna proprio essere animati da vero amore.
Di amore sicuramente ne meritano tanto Bolan e Bowie, due amici che
hanno avuto un impatto enorme su molte generazioni e non solo a livello
musicale. Non deve essere stato facile scegliere il modo per tributargli
l’affetto meritato. Parlo di come ogni artista ha scelto di interpretare
i brani. La scelta per lo più è stata quella di personalizzarli
ciascuno col proprio stile, mantenendo lo spirito originale di ogni
singolo pezzo. Ovviamente non posso citare tutti i titoli, ci sono canzoni
molto famose e altre poco note, il rischio è di preferire quelle
che sono entrate maggiormente nel nostro immaginario, “Heroes”,
“Life on Mars”, “Ashes to Ashes”, “Rebel
Rebel”, “Space Oddity” per quanto riguarda il Duca
Bianco, “20th Century Boy”, “Cosmic Dancer”,
“Telegram Sam” per il cigno del glam, come si fa a giudicare
dei pezzi che come li senti ti vengono i brividi lungo la schiena?
Non tutte le interpretazioni mi sono piaciute allo stesso modo. Da un
certo verso devo dire che mi sono piaciute di più quelle dei
cantanti maschi, non è un discorso sessista, ci mancherebbe,
ma le ho sentite mediamente più vicine allo spirito originale
dei brani, probabilmente la timbrica ha avuto la sua importanza. Fra
le signore ho apprezzato le versioni di Sophya Baccini con gli Aradia,
meno con i Presence, di cui mi è piaciuta più la parte
musicale. Non ho gradito la resa in chiave jazz dei brani proposti da
Silvia Cesana, che è bravissima come cantante, ma “Heroes”
tutta morbida e raffinata non mi piace proprio, non si può addomesticare
un grido di dolore generazionale.
Si parte con un rock sostenuto a cura di Paul Roland per “Meadows
of the Sea” di Bolan, un avvio energico che mette subito dell’umore
giusto. Buone le versioni di Bari Watts, fra le più vicine alle
originali. Le versioni dark wave dei The Dance Society mostrano quanto
questi due miti abbiano influenzato tutta la scena, il cantato però
non mi ha convinto. Cariche di devozione le versioni di Victor Peirano
e Franck Carducci. Mi sono piaciute molto anche quelle dei Death SS,
che tra l’altro hanno proposto “Cat People”, ottima
scelta. Suggestive le versioni psichedeliche a cura degli O.A.K., molto
belle le versioni cariche di trasporto dei Witchwood. Originalissima
la lettura art rock di “Let’s Dance” degli Elohim,
sicuramente da ascoltare. Così come lo sono quelle dei Northwinds,
che nell’applicare il loro stile dark prog, hanno saputo rispettare
gli originali. Divertenti le versioni in stile goth punk alla Lords
dei Mugshots. Suggestive anche quelle in chiave prog nordico dei Landskap,
mentre molto rispettosi sono i Rama Amoeba. Chiudono questo monumentale
tributo i Blue Dawn, con toni notturni e oscuri, come di un sipario
che cala sul palco.
Potreste decidere di fare vostra quest’opera per l’affetto
verso gli artisti tributati oppure per l’importanza degli interpreti
presenti, in ogni caso si tratta di una bellissima e preziosa testimonianza.
GB
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