Rock Impressions

JOHN WAITE - Live at Teatro Miela Trieste, 06/05/2011
di Alessandro Moschioni

Solo ai meno addentro alle cose del melodic-rock potrà apparir alquanto singolare che proprio quest’anno Journey e John Waite calchino per la prima volta le assi dei prosceni italici (coi Foreigner di ritorno, ma anch’essi ancora freschi d’esperienze tricolori). Eppure la soluzione del dilemma è davvero semplicissima: un rinnovato interesse manifestato apertamente nei confronti delle sonorità più raffinate, l’attenzione sempre più diffusa delle testate musicali e, sopra tutto, una casa discografica, la partenopea Frontiers che, da semplice sogno del suo ideatore Serafino Perugino, in una quindicina d’anni s’è consolidata fino a tramutarsi in splendida e concretissima realtà.

L’ottimo lavoro svolto dal team napoletano ha permesso di riscoprire talenti offuscati dal tempo e nuove proposte che, si spera, un prossimo domani potranno competere alla pari colla classe dei marpioni. Ma eccoci al live triestino, in un Teatro Miela (già testimone del passaggio di realtà di primo piano e di diversa estrazione) presidiato da una folla di attenti appassionati di A.O.R. e dintorni, molti memori dei fasti dei Babys addirittura. E mi riferisco a testimoni che hanno vissuto l’esplosione della scena di persona, seppur a distanza (a fine settanta/inizi ottanta solo ipotizzare uno show di questi artisti in Italia era da tacciare come follia!). Mr. Waite dimostra una buona forma, la voce è sempre quella, particolarissima ed intonata, grintosa quanto e quando serve ma mai sopra le righe. Il suo ultimo “Rough & tumble” si è rivelato una buona raccolta di tracks di livello medio/alto, complice senza altro l’apporto del talentuoso Kyle Cook che, da immaginifico songwriter ed esecutore coi suoi best-sellers Matchbox 20, ha saputo calarsi con decisione nei panni della spalla dell’illustre collega, riverniciando col suo stile fresco queste canzoni sicuramente molto valide ed, alla prova dei fatti, vincenti. Preceduto dall’asciutto warm-up del triestino Abbazabba in versione acustica, il quale con il disco “The alphabet” ha dimostrato buona inclinazione alla scrittura, e dinanzi al suo pubblico ha dimostrato di vestire con disinvoltura i panni del consumato performer (un bel rock a tratti memore della west-coast, sicuramente debitore di certa tradizione statunitense ma capace pure di sdoganarsi da troppo impegnative comparazioni).

Waite ha saputo meritarsi l’approvazione dei convenuti proponendo estratti dal suo più recente lavoro (ottime la title-track, “”Sweet Rhode Island red”, “Better off gone”), pescando ovviamente dal suo passato coi Babys (“Everytime I think of you” non me la ricordavo così… la memoria trae in inganno, poi “Head first”!), e pure coi Bad English, con una “Best of what I got” più lineare di quella proposta dal super-gruppo (ovvio, mancavano le tastierone di Jonathan Cain…). Non poteva mancare (preceduta dal drum-solo dell’essenziale skin-beater Rhondo, un anacronismo tipico delle adunanze rock al quale però risulta difficile rinunziare…) la plurititolata “Missing you”, ovvio, è uno di quei pezzi al quale il Nostro non può davvero rinunziare (ma ve lo immaginate un concerto dei Sabbath senza “Paranoid”? Eresia!) e, visto che ho citato il batterista, lo faccio volentieri anche per il pass-player Tim Hogan, man in black che il suo contributo non lo fa mancare. Snocciolo anche “Downtown journey of a heart”, “Mr. Wonderful” “Love’s going’ out of style”, e sono convinto che nessuno degli astanti abbia abbandonato il Miela deluso.

Bravi gli organizzatori di Trieste is Rock per aver sostenuto una scelta che poteva apparir azzardata, il loro spirito d’iniziativa è stato premiato, e sono certo che il futuro ci potrà riservare ulteriori ottime occasioni per partecipare attivamente a simili eventi! AM

Recensioni: Downtown Journey of a Heart


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