A volte nella vita qualcosa ti insegue e alla fine, nonostante tutto,
ti raggiunge. La scorsa estate sono andato al festival di Veruno per
vedere i Magma e in cartellone c’erano anche i giapponesi Yuka
& Chronoship, però non sono arrivato in tempo per la loro
esibizione e oggi ho l’occasione di pentirmi di quel ritardo.
Yuka Funakoshi è una brillante tastierista, dal 2009 comanda
l’astronave Chronoship con mano sicura, portandola al terzo
album in studio. Il primo, Water Reincarnation, era uscito per la
Musea nel 2011, poi il secondo, Dino Rocket Oxygen, due anni dopo
per la Musea Parallele, questo nuovo per l’inglese Cherry Red,
un cambio in qualche modo significativo. In precedenza Yuka aveva
lavorato per un decennio come solista. I tre compagni di viaggio sono
dei turnisti, ma al traguardo del terzo album sembra di poter dire
che i quattro sono diventati una vera squadra.
Questo nuovo album prosegue il cammino di Yuka, dedita ad un prog
sinfonico e neoclassico di stampo tardo settantiano. Le musiche proposte
sono per lo più strumentali, con pochissime parti cantate e
spesso con un uso della voce più come strumento. Il concept
esplora la genesi del nostro pianeta e non può mancare l’intro,
un breve strumentale incentrato per lo più sulle tastiere,
tra tensioni space rock e qualche traccia Floydiana. Senza soluzione
di continuità parte il primo vero brano “Stone Age”,
l’impronta Floydiana è ancora molto forte, anche nella
chitarra, poi entra una sezione ritmica tribale e delle pennellate
new prog di ottima fattura, la scrittura è abbastanza complessa,
ma anche molto gradevole, con un’attenzione alla melodia che
rende longevo l’ascolto. Nei due brani seguenti vengono ricordati
Galileo e Copernico, simboli universali di rivoluzione scientifica
e ottimi ispiratori di musiche complesse e suggestive, Yuka ne trasporta
il fascino in un contesto teso e drammatico, piacevolmente visionario.
In particolare “Galileo II – The Copernican Theory”
è il primo brano dove la band mostra tutto il proprio valore,
dando vita ad un prog di grande levatura. Nel disco troviamo un’alternanza
di brani molto brevi ad altri più lunghi e strutturati, il
tutto funziona bene e mantiene sempre viva l’attenzione. Molto
convincente anche “Age of Steam I”, una suite che nella
prima parte è un po’ Genesis e un po’ Camel, con
delle ottime melodie, di grande bellezza. Poi nel finale tutto si
trasforma in un prog capace anche di momenti roventi, molto coinvolgenti,
grande prova di carattere. Siamo solo a metà del disco ed è
tutto un crescendo di emozioni che arriva sino alla fine, senza cali,
ma anche senza altre novità, anche se in brani come “Wright
Flyer” si ascoltano dei passaggi strumentali da paura.
Non è sempre facile accostarsi allo stile giapponese, ma in
questo caso dovete fugare ogni remora, perché Yuka e i suoi
marinai vi sapranno guidare sulla Chronoship con mano sicura, attraverso
le ere e gli orizzonti della musica prog. Un viaggio che è
al tempo stesso personale e pieno di colori, ma anche piacevolmente
radicato nella tradizione. Difficile restare delusi. GB
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