Con “Higer Dimensions” torna dopo due anni dal buon “Visions
From Realities, il compositore e scrittore di testi Umberto Pagnini.
Ritorna assieme al suo Prog ispirato, spesso gentile e mai forzato,
con l’ausilio di un altro grande nome del panorama italiano
moderno, Cristiano Roversi (Moongarden), qui in veste sia di arrangiatore
che di produttore. Il gruppo musicale che partecipa al progetto è
composto oltre che da Roversi (tastiere e basso), da Gian Maria Roveda
(batteria), Mirco Ravenoldi (chitarre) e Per Fredrik Asly (PelleK)
(voce). L’artwork è ad opera di Antonio Seijas.
Dodici sono i brani, ad iniziare da “The War Of Tempos”,
canzone che apre il disco con veemenza, al confine fra Hard Prog e
New Prog. Godibili le fughe di tastiera di Marillioniana memoria.
Arpeggio di chitarra per l’intro “Genesiano” di
“Far Escape” per poi giungere al boato sonoro di tastiere
a cascata. Se proprio dobbiamo ricercare pecche, le possiamo scovare
in una vocalità non sempre all’altezza dei momenti sonori,
probabilmente meno cantato avrebbe giovato all’ascolto. Non
che PelleK non sia bravo, anzi, ma diciamo che accade un poco quello
che accadeva con i Marillion, ossia una logorroicità lirica
a discapito di una musica invece sempre all’altezza della situazione.
In altri casi invece la voce di PelleK si trova perfettamente ad agio.
Più debole “A Little Bit Expired”, seppur gradevole.
Ci pensa “Gaps In Time” a rialzare il tiro con una piccola
visita nel Folk di matrice anglosassone, canzone orecchiabile e spaziosa.
“Higher Dimensions” è un album scorrevole, pregno
di giuste melodie, come non nominare “Multiple Replies”,
l’epicità di “The Numbers Of God”, anche
“Kick-Ass Grammar” è la classica canzone che un
amante del genere vorrebbe sempre ascoltare, con tastiere in abbondanza,
arpeggi di chitarra acustica, cambi umorali e di tempo. Anche il sottoscritto
apprezza e di che tinta! Altre canzoni interessanti a cui lascio a
voi la sorpresa di scoprire.
Il genere Rock Progressivo Italiano sembra godere di una fiammella
pilota sempre accesa, alla faccia dei gufi che lo hanno sempre dato
per finito negli anni ’80, consiglio loro di documentarsi meglio
e di ascoltare dischi come questo. Di certo non un must, tuttavia
oggi neppure un genio come Steven Wilson riesce a registrare un capolavoro…
(ndGB su questa ultima affermazione mi permetto di dissentire) misteri
dei nostri tempi. MS
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