Il
titolo dell’album parla chiaro, si tratta di una raccolta di
materiale raro o inedito di questa storica formazione nipponica. Alcuni
cenni biografici li abbiamo già dati in un’altra recensione,
qui ci concentreremo più sul materiale proposto. I primi cinque
pezzi sono stati registrati in studio fra Genniao del 1985 e Settembre
dell’86. Le tre traccie restanti sono catturate dal vivo e le
prime due risalgono ad un concerto dell’88 e l’ultima
invece è stata registrata nel 2005. Alcuni brani sono finiti
in uscite ufficiali del gruppo (in particolare nel secondo disco Hat
and Field), le prime due sono rimaste inedite e l’ultimo pezzo
dovrebbe figurare nel prossimo album in studio che la band sta registrando.
Il primo brano proposto quindi è l’inedita “Flight”,
una breve fuga in un jazz rock molto fusion, il gruppo mostra un’ottima
tecnica e suona con coesione, anche se si respira una certa aria di
incompiutezza, infatti sembra molto forte la componente improvvisazione.
“Oddessa” appare subito più finita, siamo ovviamente
sempre nei confini di un prog jazzato e strumentale. Il pezzo è
più riflessivo rispetto al primo, ma ogni tanto partono delle
improvvisazioni rapide che mettono le ali al pezzo. “Pipe Dream”
è decisamente più solare rispetto ai brani precedenti
e avvicina maggiormente il gruppo ai grandi gruppi di prog sinfonico
dei seventies. Veramente bello è “Swan Lake”, un
brano dove improvvisazione e melodia si sposano in modo sublime. “Magic
Carpet” è meno onirica, con un telaio jazzato molto concreto.
Molto felici anche le intuizioni melodiche della lunga “Hat
and Field”, gli Ain Soph non sono solo ottimi musicisti, sanno
anche comporre ottima musica e lo dimostrano con un pezzo complesso.
“Natural Selection” è più standard, ma è
comunque una buona prova. Ovviamente il maggior interesse va al nuovo
brano per capire cosa hanno da offrire oggi gli Ain Soph dopo la reunion
del 2004. “Triple Sequence” appare subito molto sperimentale,
al tipico tessuto jazz del gruppo si aggiungono delle pennellate folk
europeo e improvvisazioni RIO che ricordano i Soft Machine.
Sembra di poter dire quindi che i “nuovi” Ain Soph si
vogliono rivolgere ad un pubblico molto selezionato e severo, che
conosce bene la musica e sa quello che vuole ascoltare: musicisti
con una solida preparazione jazz, senza concessioni alla modernità.
GB
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