Ritroviamo i norvegesi Airbag col loro terzo sforzo creativo, il loro
prog post moderno si ispira ai grandi nomi che già abbiamo
citato nella scorsa recensione e i punti di riferimento sono gli stessi
anche in questo disco, a cui si può aggiungere un tocco di
pop inglese per la cura di certe melodie nelle linee vocali. Il sound
comunque si è leggermente indurito rispetto al passato.
“Surveillance (Part 1)” è poco più di un
intro, ci serve solo a capire che i nostri non hanno stravolto il
loro sound, il primo vero brano è “Redemption”,
che propone un giro molto nervoso e tormentato, in altre parole molto
dark. Molto più sognante è la seguente “Silence
Grows”, che propone un tipico crescendo alla Anathema. La lunga
“Call Me Back” è invece molto pinkfloydiana, quasi
adatta a fare da soundtrack ad un filmato. La title track è
dominata da una bella melodia, non è un brano memorabile, ma
propone un discreto mix di modernità e tradizione e piacerà
parecchio agli amanti di Steven Wilson e affiliati. Chiude la lunga
“Surveillance (Part 2-3)”, sorte di suite è sicuramente
il brano più completo ed esaustivo del disco, strano che sia
stato posto alla fine, coi suoi oltre sedici minuti ci mostra tutte
le qualità di questi musicisti, non è facile sostenere
un pezzo così lungo e devo dire che il risultato non è
affatto male.
Anche se la band non ha variato le coordinate del proprio sound oggi
sembra molto più padrona delle proprie facoltà ed ha
dato vita ad un disco più profondo e maturo, che comunque è
la tappa di un percorso verso nuove emozionanti sfide, il futuro degli
Airbag è ancora tutto da scrivere e sembra essere piuttosto
roseo. GB
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