Poteva sembrare un progetto studiato a tavolino dalla casa discografica,
tanto per fare cassa, invece le due ugole d’oro del metal Russell
Allen e Jorn Lande si sono trovate così bene insieme da proporci
un secondo intrigante album. Come per il primo episodio le composizioni
sono firmate dal chitarrista Magnus Carlsson, che suona anche basso
e tastiere e si occupa pure della produzione, alla batteria ritroviamo
Jaime Salazar, la cover è disegnata ancora dal grande Rodney
Matthews, inoltre c’è lo zampino di Dennis Ward (Pink
Cream 69, Angra e altri) che ha contribuito alla resa finale del disco.
Il taglio di questo nuovo album è simile al precedente, si
tratta di un heavy metal molto epico che esalta le doti canore di
questi due giganti. L’album si apre subito molto bene con la
title track, un brano tirato molto epico, una versione metallizzata
dei Magnum più duri, i duetti fra i nostri sono imperdibili.
“Obsessed” è più cadenzata e vede Russel
farsi carico in solitario delle vocals, che in più di un frangente
ricorda Ronnie James Dio della carriera solista, però è
un brano un po’ prolisso. In Victory i nostri tornano in coppia
con un motivo che sembra preso in prestito dal metal gotico, ma che
funziona molto bene anche in questo contesto, una bella prova di forza
e potenziale motivo trascinante dell’album. “Master of
Sorrow” ci presenta Jorn in solitario alle prese con una ballad
particolarmente bella e intensa, acustica nella prima parte con crescendo
elettrico nella seconda e un solo finale di chitarra da manuale. Per
“Will You Follow” torna Russel da solo, con una prestazione
un tantino inferiore a quella dell’amico.
Torna la coppia in “Just a Dream” e tornano anche certe
melodie dark epiche di grande impatto. “Her Spell” pulsa
di grande vitalità e ci restituisce un Lande sempre grande.
Un po’ più convenzionale “Gone Too Far” che
è una tipica track di heavy melodico, ma si riscatta ampiamente
nel bridge prima dell’assolo del sempre preciso Magnus. Con
“Wake Up Call” e i due singer di nuovo insieme sono ancora
scintille, questa è sicuramente un’altra potenziale hit,
ascoltare per credere. In “Under the Waves” è la
volta di Jorn di rivitalizzare un brano non proprio eccellente, ma
siamo già alla decima traccia e un po’ di stanca è
più che concessa. Anche “Who Can You Trust” non
è all’altezza con la prima parte dell’album, ma
siamo sempre su ottimi livelli. Chiude la semiballad “When Time
Doesn’t Heal”, i due singer ci mettono tutta la passione
che hanno in corpo e ci salutano per nuove avventure, io spero però
di poterli ascoltare ancora in questo progetto, perché è
davvero piacevole ascoltare del buon metal cantato così bene.
Il disco è davvero riuscito, Lande e Russell, io preferisco
il primo, sono molto bravi e anche Magnus ha messo insieme una bella
raccolta di brani, l’unico difetto, se me lo concedete, è
che a livello di songwriting si poteva osare di più, invece
si resta sempre in territori molto sicuri, un vizio di forma insomma,
ma l’attenzione va tutta ai due singer, la musica in questo
caso viene subito dopo. GB
Altre recensioni: The Battle
Vedere anche: Russell Allen; Jorn Lande; Starbreaker |