INTERVISTA
AGLI ANEKDOTEN (versione inglese)
di Giancarlo Bolther
Abbiamo avuto l’occasione di
scambiare quattro chiacchiere con Jan Eric Liljestrom, bassista degli
Anekdoten, gruppo da culto della scena progressiva svedese. È
incredibile notare come questo musicista straordinario sia una persona
semplice ed umile. Comunque è piuttosto triste constatare che
un gruppo del valore degli Anekdoten sia relegato ad una ristretta
cerchia di appassionati. Speriamo che questa intervista vi incuriosisca
e vi metta voglia di sostenere una delle poche formazioni attualmente
in grado di proporre una musica veramente emozionante. Basta con i
cloni dei Dream Theater, abbiamo bisogno di sensazioni nuove!
Com’è
andata la tournée appena conclusa?
Appena finito il nostro nuovo CD in studio "From Within",
abbiamo avuto due piccoli tours alla fine del 99. Era più di
un anno che non suonavamo dal vivo ed è stato veramente molto
bello tornare on the road. Nel primo tour abbiamo suonato in Italia
(Mantova), in Germania (Wurzburg, Stoccarda e Gera), in Francia (Parigi)
e in Belgio (Vinalmont). Il numero di spettatori non è sempre
stato costante, ma il concerto di Mantova è stato uno dei migliori
con un audience di circa 350 persone. [N.d.R. È davvero triste
che un gruppo così valido si debba ritenere contento di un
numero di spettatori così esiguo!] In dicembre abbiamo avuto
la prima tournée in Sud America ed è stata una grande
avventura. Abbiamo tenuto un concerto in Argentina e due in Brasile.
Fra le serate avevamo del tempo libero, così abbiamo potuto
fare anche un po’ di vacanza. Abbiamo incontrato della gente
veramente speciale e l’atmosfera era entusiasmante. È
stato un viaggio che non dimenticheremo mai.
Il vostro sound
è composto da due elementi, da un lato spiccano fortemente
gli anni settanta, ma allo stesso tempo è molto moderno, qual
è di queste due la componente che più vi si addice?
Siamo piuttosto radicati nella tradizione settantiana ed
ascoltiamo principalmente musica di quel periodo, ma c’è
molta buona musica anche oggi e siamo influenzati ovviamente anche
da questa. Io, per esempio, adoro Radiohead, Björk, Tori Amos,
PJ Harvey, Motorpsycho, Massive Attack and Red Hot Chili Peppers.
Siete insieme
da dieci anni, ma avete registrato solo tre dischi in studio, l’ultimo
dopo ben quattro anni dal precedente, perché vi è occorso
così tanto tempo?
Non siamo musicisti professionisti ed è abbastanza
naturale che più invecchiamo più diventa difficile dedicare
molto tempo al comporre musica. Nonostante operiamo ad un livello
semi professionale, per presentare il nostro lavoro al pubblico, dobbiamo
dedicarci in prima persona a molte altre attività collaterali
come scrivere, arrangiare, produrre, prenotare, fare promozione e
distribuire i nostri lavori e tutto questo richiede molto tempo. Ci
sarebbe piaciuto molto registrare più dischi, ma quello che
abbiamo fatto era tutto il possibile in base alle nostre forze. Riguardo
a quanto è accaduto, poi, ritengo che abbiamo commesso uno
sbaglio durante le registrazioni di From Within, abbiamo deciso di
smettere di suonare dal vivo per concentrarci solo sui nuovi pezzi,
ma non registrando nuovi demo e non tenendo concerti il tempo se ne
è andato senza che riuscissimo a concludere granché.
Alla fine abbiamo deciso di prenotare la sala di incisione nonostante
alcune canzoni non fossero ancora pronte e dopo aver stabilito una
data di scadenza tutti i pezzi del mosaico sono andati a posto.
Dovremo aspettare
così tanto anche per il prossimo disco?
Noi tutti speriamo che non si debba più aspettare
così a lungo, come per i quattro scorsi anni, per ascoltare
il prossimo album.
Avete già
qualche idea?
Non abbiamo veramente iniziato a pensare ad un nuovo disco,
ma ci sono molte idee e molti frammenti sparsi qua e là, ma
non si tratta veramente di un inizio. Comunque negli ultimi tempi
abbiamo suonato dal vivo tre canzoni che non hanno trovato posto su
From Within e sono già una base di partenza.
È stato
difficile mantenere in piedi il gruppo nonostante le lunghe pause
fra un disco e l’altro?
Non più di tanto. Abbiamo pubblicato due live albums
in Giappone e questo ha diminuito la pressione su di noi. Purtroppo
questo ci ha resi un po’ pigri e ritengo che il nuovo disco
sarebbe uscito prima se non avessimo realizzato i due live. Ma ti
mentirei se ti dicessi che non abbiamo avuto delle pressioni. Ci sono
stati momenti in cui ci sentivamo come fossilizzati e i nostri sforzi
non producevano niente di buono. Comunque siamo riusciti a finire
un disco di cui tutti siamo veramente soddisfatti e questo ci fa sperare
che sarà più facile la prossima volta.
Vemod è
un tributo ai King Crimson, Nucleus è ruvido e aggressivo,
From Within è oscuro e metallico, cosa è cambiato nei
vostri lavori?
Vemod è stato l’album più semplice dei
tre da registrare. Ci eccitava l’idea di suonare quel tipo di
musica e le canzoni venivano composte in modo molto naturale. Oggi
ho qualche problema a riascoltare quel disco, perché abbiamo
sviluppato il nostro modo di suonare e di cantare da allora, ma penso
comunque che le canzoni abbiano superato la prova del tempo, infatti
ne suoniamo ancora molte dal vivo.
Nucleus è stato una sfida. È il più avant-garde
e complesso dei tre e a volte non so nemmeno come siamo riusciti a
comporlo. Abbiamo registrato un demo con "Nucleus", "Book
of Hours", "This Far From The Sky", "Here"
e "In Freedom" allo stesso tempo in cui abbiamo registrato
la bonus track per la versione giapponese di Vemod, una vecchia canzone
dal titolo "Sad Rain". L’arrangiamento dei brani è
stato abbastanza ritoccato durante la registrazione del demo e in
seguito molte cose sono state ancora riarrangiate per la versione
finale. Abbiamo impiegato molto tempo e molti sforzi nella registrazione
e nella produzione del disco e alla fine è stato un successo.
Nonostante questo abbiamo molte difficoltà a proporre alcune
di quelle canzoni dal vivo. Spesso ci sono troppe parti in un solo
brano tanto che il passaggio da un tema all’altro rischia di
risultare poco naturale e questo rende più difficile riprodurre
il groove di una canzone.
Con From Within siamo voluti tornare ad una maggiore immediatezza.
Bisogna avere uno stato d’animo particolare per poter apprezzare
Nucleus, ma penso che FW possa funzionare altrettanto bene con un
altro tipo di umore. Nucleus è molto diretto, mentre FW è
più evasivo, vuole dare maggiormente la sensazione di un gruppo
affiatato infatti non ci sono molte sovraincisioni. È sicuramente
il più groovy fra i nostri albums.
Quali sono
i brani in cui vi riconoscete di più?
Penso che la title track di FW sia una tipica Anekdoten-song.
Le parti vocali sono abbastanza oniriche mentre quelle strumentali
sono più heavy con una sezione centrale dominata da un mellotron
travolgente.
Se non sbaglio
Anna Sofi ha portato il gruppo a fare il decisivo salto di qualità?
Nicklas, Peter e io abbiamo suonato insieme per circa un
anno facendo per lo più covers dei King Crimson, fino a quando
Anna Sofi ci ha chiesto di unirsi a noi nell’agosto del 91.
Da allora ci siamo resi conto che il nostro progetto si era tramutato
in una vera e propria band e subito abbiamo gettato le basi dell’album
Vemod. Penso che ci sia una certa alchimia fra noi quattro. Nei referendum
sulle riviste, la gente non ci segnala individualmente come miglior
musicista o come miglior cantante, ma ci troviamo più spesso
segnalati nelle categorie miglior band, miglior disco o miglior live
show e questo prova la mia tesi che gli Anekdoten sono molto più
della somma dei singoli componenti.
Anglagard,
Landberk, Glory, Flower Kings, Reingold, secondo voi si può
parlare di una scena prog svedese?
Non conosco molto i Glory e i Reingold, a differenza degli
altri gruppi che hai ricordato. Oggigiorno, in Svezia, dal versante
concerti non ci sono spazi per il rock progressivo. Non suoniamo dal
vivo nel nostro paese dal settembre del 97, in questo senso non ci
sentiamo di appartenere ad una scena. Qualcosa si è mosso all’inizio
degli anni 90. Suonavamo spesso sia da soli che con altri gruppi come
gli Änglagård e i Landberk. In quel periodo ci influenzavamo
e ci ispiravamo a vicenda molto più di quanto non accada oggi.
Con il continuo diminuire della possibilità di tenere concerti
quello spirito si è perso. Comunque i gruppi continuano a collaborare
e in questo senso si può ancora dire che apparteniamo ad una
scena.
Tutti vi associano
ai King Crimson questo vi stimola o rappresenta un freno?
Nel 93 fummo sorpresi nel vedere che i giornalisti, nel recensire
il nostro primo disco, ci considerassero come dei cloni dei King Crimson.
Mi avrebbe dato meno fastidio se ci avessero collegato anche a Peter
Hammill, Van der Graaf Generator e Trettioåriga Kriget. Così
per Nucleus abbiamo cercato un risultato più estremo, perché
volevamo dimostrare di avere anche altre influenze. Comunque è
bello vedere che c’è gente che ascoltandoci è
in grado di andare oltre le influenze Crimsoniane, specialmente oggi
che ascoltiamo molto meno quella band. Tuttavia questa associazione
ora non ci infastidisce più. Penso che ormai sia evidente che
gli Anekdoten hanno acquisito una propria identità non sempre
riconducibile ai King Crimson.
Registrerete
ancora coi Morte Macabre?
Io non sono coinvolto nei Morte Macabre, così non
sono la persona più adatta a cui rivolgere questa domanda.
So che si è parlato di un secondo album. Ci sono alcune colonne
sonore interessanti che non hanno trovato posto sul primo album, ad
esempio "The Devil In Miss Jones" è una di queste.
Penso comunque che l’attenzione principale sia focalizzata sugli
Anekdoten e anche i Landberk sono molto concentrati nella registrazione
del loro quarto disco. [N.d.R. i Morte Macabre sono un progetto condiviso
con i Landberk, hanno prodotto il disco Synphonic Holocaust nel 98
che contiene delle cover di colonne sonore di film dell’orrore.
Degli Anekdoten vi hanno partecipato Berg e Nordin]
Avete in serbo
progetti solisti?
No, per il momento non ne abbiamo.
Riuscite a
vivere di musica o avete anche altre occupazioni?
Guadagniamo solo qualche soldo dalla nostra musica, ma abbiamo
tutti bisogno di un lavoro fisso per sopravvivere: Nicklas e Peter
lavorano in un negozio di dischi, Anna lavora principalmente come
web-designer per una ditta di produzione e consulenza, mentre io ho
un impiego come programmatore e sistemista.
Come vivete
la realtà quotidiana fuori dal gruppo?
Quando non registriamo o non suoniamo dal vivo conduciamo
una vita normalissima.
Le vostre liriche
sembrano piuttosto pessimiste. Come nascono i vostri testi?
All’inizio scriviamo la melodia, poi compongo i testi.
A volte riesco a trarre uno spunto velocemente ascoltando un brano,
altre volte devo assimilare per un certo tempo il pezzo prima di trovare
un soggetto adatto. Non trovo però che i miei testi siano veramente
dark, ma come la nostra musica spesso è malinconica così
anche i testi si conformano a questo sentimento. Trovo che ci sia
una certa inquietudine ed un senso di malessere nella vita di oggi
e credo che la musica sia un ottimo mezzo per parlare di questi aspetti.
Sono certo che la musica possa avere degli effetti terapeutici in
questo senso.
Avete raggiunto
un importante status nella scena prog internazionale, cosa significa
per voi?
Grazie per il complimento, ma non penso che siamo davvero
così considerati. Sembra piuttosto che noi siamo uno dei migliori
gruppi rispetto ad una scena prog stagnante e questo è lusinghiero.
Una cosa veramente forte è l’avere fans sparsi per tutto
il mondo, questo ci ha permesso di suonare già in quattro continenti
diversi nonostante abbiamo venduto solo circa 40.000 dischi in tutto
il mondo. Poter fare queste tournée è un’opportunità
fantastica che ci motiva e ci da molte fonti d’ispirazione.
Inoltre sembra che abbiamo dei fans piuttosto fedeli, questo è
molto importante perché se la gente continua a comprare i nostri
dischi vuol dire che c’è una discreta qualità
in quello che facciamo.
GB
Formazione:
Nicklas Berg, chitarre, mellotron e voce
Jan Eric Liljestrom, basso e voce
Anna Sofi Dahlberg, violoncello, mellotron e voce
Peter Nordin, batteria e percussioni
Discografia:
Vemod, Virta 1993
Nucleus, Virta 1995
Live Ep, Arcàngelo 1997
Official Bootleg Live in Japan, doppio CD Arcàngelo 1998
From Within, Virta 1999
Recensioni: From Within; Gravity
Live reportage
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