Chi ha avuto modo di ascoltare la band tedesca Versus X, sarà
sicuramente rimasto colpito dalla buona tecnica e dal Prog Rock proposto.
Fughe strumentali e suite come genere richiede. Il componente di questo
gruppo si chiama Arne Schäfer e ne è il polistrumentista
e cantante (chitarra elettrica, acustica, tastiere, basso). Apogee
è in auge dalla metà degli anni ’90, tanto che
il primo album “The Border Of Awareness” risale al 1995.
L’attenzione degli esperti del genere e dei fans stessi, viene
catalizzata subito all’ascolto in quanto nella musica degli
Apogee non mancano mai lunghi brani, influenze Jethro Tull, Genesis,
Gentle Giant e Yes, vera e propria manna per la mente.
Con “The Art Of Mind” si giunge all’ottavo sigillo
da studio e in questo caso Arne si coadiuva alla batteria con Eberhard
Graef. Il cd ben presentato in un elegante cartonato contenente un
libretto esaustivo di testi e dettagli, è composto da cinque
brani, tutti di lunga durata, a partire dal primo che porta il titolo
dell’album “The Art Of Mind”, vera suite di venti
minuti suddivisa in cinque frammenti. Anche gli altri quattro brani
non sono di certo brevi, rimanendo tutti non sotto ai nove minuti.
Proprio la suite apre il disco, mostrando anche una buona incisione
sonora.
Le tastiere sono in evidenza, raccogliendo frangenti di reminescenze
anni ’70, l’epicità si alterna alla formula canzone,
giocando a proprio favore le carte della melodia semplice e gradevole.
I più ferrati di voi sull’argomento, riscontreranno sicuramente
alcune analogie con i Pendragon, anche per la cadenza del cantato,
attuata nel settore New Prog periodo anni ’80 in generale. Musica
articolata, che ovviamente non sto qui a dettagliarvi in quanto il
Progressive Rock è questo, cambi di tempo e di umore a profusione,
alternato da buoni assolo strumentali. Chitarra centrale effettata
alla Steve Hackett, tutti particolari che fanno del fans del genere
una persona appagata dall’ascolto.
Esce fuori l’anima più Progressiva di Schäfer, anche
se con i Versus X non è che siamo poi molto distanti come stile,
meno vigore forse, ma più attenzione ai passaggi emotivi. In
conclusione, una suite che ha tutte le carte in regola per accalappiare
l’attenzione e strappare anche consensi.
Segue “Inside The Wheel”, ancora Pendragon in cattedra,
ma del periodo più recente. Il brano si lascia apprezzare più
che altro per il frangente strumentale centrale.
In “The Games You Play”, Apogee mostra il lato più
Rock senza strafare, mentre con “The Price” To Pay”
si torna ad un New Prog più delicato e canonico, uno dei brani
migliori del disco.
Greve e impegnata la conclusiva “Sea Of Dreams”, pane
per i denti dei fans IQ primo periodo.
Il disco è una passeggiata in questo sentiero tortuoso, ricco
d’incontri a sorpresa, l’importante è avventurarsi
consapevoli di non essere in un rettilineo. Ci sono anche momenti
per fermarsi a riflettere e riposare, anche altri per correre e viceversa
zone più stagnanti, nell’insieme un bel percorso, probabilmente
non adatto a tutti, ma chi ama il genere sa di cosa ho parlato. Agli
altri consiglio un ascolto preventivo. MS
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