A discapito del nome italianissimo, questo disco è stato fatto
in America, messinese di origine Andrea si era spostato negli USA
attorno ai diciotto anni dove si è diplomato e da allora è
rimasto negli States. Il presente album è il secondo ufficiale
della sua carriera solista, ma ha già raccolto diverse soddisfazioni
e ha collaborato con molti artisti di prestigio, in particolare in
ambito rock blues. Andrea è un virtuoso della sei corde e grazie
alla giovane età propone uno stile fresco e solare, che sprizza
energia positiva.
L’incipit del disco a dire il vero è un brano delicato,
quasi notturno, ma ricco di suggestioni, suoni languidi e morbidi,
qua e là spuntano armonici e finezze, tutto controllato con
grande eleganza esecutiva. Come avvio è un po’ inusuale,
tanti partono col “botto”, mentre Andrea ha scelto quasi
di sussurrare la sua bravura, una scelta coraggiosa che interroga.
Il secondo brano è una bella cover in chiave blues di “Come
Together”, al fianco di Balestra c’è il veterano
Carl Veheyen, non mancano le magie in un crescendo di intensità.
“Anubis” è più energica, costruita su di
un solido blues rock permette al nostro di mostrare tutto il suo amore
per questo genere intramontabile, al suo fianco apprezziamo il contributo
di Dave Hill. “Dark White Skies” è un altro lento,
sofferto e impegnativo, il terreno è sempre il blues, questa
volta l’ospite è Julien Kasper, gli assoli traboccano
feeling, nessuna esibizione di tecnica fine a se stessa, ma solo tanta
voglia di emozionare con la musica, nel finale troviamo anche un crescendo
da brividi. La dinamica “Bulldozer” vede la partecipazione
di un altro veterano di indubbio prestigio, Scott Henderson e i due
duettano in modo ammirevole. “Cafe Rojo” è uno
splendido blues molto personale e se ancora non siete convinti della
bontà del nostro provate ad ascoltarlo in questo brano. La
title track è un altro lento emozionale, condiviso con John
Pisano, un blues molto notturno e struggente, che ancora una volta
ci colpisce per la raffinatezza espressa. La seconda cover è
un altro grande classico, “Round Midnight” di Monk, resa
con un pathos davvero notevole, negli assoli poche note dosate con
una sensibilità notevole, di quelle che non lasciano indifferenti,
l’ultimo ospite è Steve Trovato. Si chiude come si è
aperto, con un altro blues notturno, “Coda”, che in qualche
modo mi fa pensare a Chopin, un classico moderno.
Sembra sempre più difficile poter ascoltare un disco strumentale
di chitarra che possa ancora emozionarci, e invece ecco che questo
nostro connazionale è riuscito a strapparci più di un’emozione
con questo suo incantevole album. GB
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