Rock Impressions

Bandvivil BANDVIVIL - Junaokissei
Intermusic / Musea

Ennesima formazione nipponica dedita ad un prog strumentale fortemente influenzato dal jazz e dalla fusion in particolare a dimostrazione che, nonostante il mondo si stia globalizzando, restano sempre dei regionalismi e delle scene specifiche per le quali non ci sono regole certe. Dico questo perché in America il prog sembra essere “dipendente” di Rush e Dream Theater, in Svezia sembra che ci sia una vera e propria ossessione per i King Crimson, in GB aleggia indomito il fantasma dei Genesis e così via… Ma non voglio affibiare delle etichette, ci sono sempre delle eccezioni.

I Bandvivil sono un trio pieno di energia e di passione e come dicevo propongono un sound pesantemente influenzato dal jazz, ma rispetto a molti gruppi simili hanno delle composizioni molto originali come la misteriosa “Eat Tripet”, non fanno riferimento ai Weather Report o alla RIO e nemmeno al Canterbury, piuttosto sembrano coniugare il rock psichedelico degli anni settanta con la fusion e l’hard rock, quindi grandi improvvisazioni, suoni sperimentali in particolare della chitarra e tanto feeling.

Il nome della band è la contrazione delle parole band, vivid ed evil e il disco è diviso idealmente in due parti direttamente riferite al nome del gruppo. La prima “Vivid” si compone di otto brani molto variopinti, con delle tinteggiature veramente godibili e degli ottimi passaggi tecnici. I singoli titoli sono quanto mai vari e sarebbe dispersivo citarli singolarmente, ma si passa con disinvoltura dalla psichedelia al funky al rock hendrixiano come nella magnifica “e.g.f.”. La seconda parte come avrete capito si intitola “Evil” e attacca con la dura “Seven Spices”, un hard rock che stupisce, quindi prevale il lato hard della band. Favolosa anche “Abraham Bee” con il suo giro ipnotico che farebbe la gioia di molti gruppi stoner di oggi. Ma il jazz torna quasi subito in “Hane”. Ma le sorprese non sono finite, penso però che il resto potrete scoprirvelo da soli.

Tutto oro? Alla lunga questo tipo di album possono risultare un po’ pesanti, in particolare per il fatto di essere interamente strumentali e qualcuno non è abituato a questo stile musicale, ma il disco in questione è molto bello e si scosta dai prodotti simili per cui rappresenta una valida alternativa a tanti prodotti di questo settore. GB



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