I Barr sono una band di Stoccolma. Artefici di un EP nel 2007 escono
oggi con il loro vero debutto discografico. Il sestetto è autore
di una musica delicatissima, semplice ed acustica. Con poche note
riescono a trasmettere sensazioni meravigliose. Racconti bucolici
e nostalgici si ripercuotono fra le note di questi sette brani, tutti
di una semplicità disarmante. Salta immediatamente in mente
il paragone con gli anni ’70, sembra di subire uno sbalzo temporale,
sin dall’iniziale “Summerwind”. Ecco allora scattare
inevitabili i paragoni con band cult come i Pentangle, i Popol Vuh,
oppure Nick Drake o i Fairport Convention , solo per fare qualche
nome. L’uso della doppia vocalità, uomo donna, dona all’ascolto
una infarinatura psichedelica di antica memoria. Ma la cosa che colpisce
di più è la mancanza di una ritmica da batteria. Ci
sono percussioni, tamburelli etc. ma una batteria suonata in maniera
convenzionale non c’è (a parte delle spazzole), quasi
a timore di disturbare una quiete mentale onirica e leggiera che si
va formando a mano a mano che l’ascolto prosegue.
Le melodie ed i ritornelli sono perfettamente memorizzabili, delicati
acquarelli per le nostre orecchie.
Attimi di Sigur Ros e Circulus fanno capolino di tanto in tanto, lasciandoci
ad occhi chiusi e ciondolanti al ritmo dei tamburi e della chitarra
acustica. Bellissima l’interpretazione canora in “He Ain’t
A Friend, He’s A Brother”, un Folk più moderno
nell’armoniosità rispetto gli altri brani, diretto e
ben arrangiato, grazie anche all’uso del violoncello. Ma il
vero pezzo da novanta è “Calling My Name”. Sembra
di ascoltare Petronella dei Paatos, una voce toccante sopra un tappeto
di cori davvero indovinato. Basta poco per emozionare con la musica,
non servono tanti strumenti o volumi alti, servono solo buone idee
e cuore. Che poi la musica ascoltata possa far venire in mente dei
deja-vu poco importa, l’importante è saper emozionare,
l’unico vero scopo di questa infinita arte. Malinconica è
“Skogsbo Is The Place”, ma in definitiva tutto il concept
vive di queste sensazioni, perché si narra la storia di un
anziano che lascia la propria terra (Skogsbo) per andare in un ricovero
per anziani. Ricordi in bianco e nero, dolore e tristezza. La canzone
più lunga del disco è la conclusiva “Sister- Lover
Alone” con i suoi dieci minuti e mezzo.
Resta difficile pensare che una band del genere, seppure all’esordio,
possa passare inosservata. Ho come la sensazione che ne sentiremo
parlare molto presto e bene.
Consigliatissimi! MS
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