L’Italia del dark è ricca di artisti pieni di talento
e fuori dagli schemi, basta pensare ad Antonio Bartoccetti, Paolo
Catena, Claudio Simonetti, giusto per fare i primi nomi. Mario “The
Black” Di Donato non è da meno, anche se è conosciuto
da un pubblico più limitato. La sua storia musicale parte dalla
fine degli anni ’60, ma è solo dagli anni ’80 che
le cose si fanno serie con gli Unreal Terror, poi sono arrivati i
Requiem e infine il progetto solista The Black. Oltre alla musica
Mario ha coltivato la passione anche per la pittura. Di Donato per
la sua musica ha voluto coniare la definizione di “Metal Mentis”,
sottintendendo un progetto concettuale e profondo ed in effetti la
sua musica è sempre stata davvero diversa da tutto il resto,
nel bene e nel male, poi ci sarebbe da ricordare anche il frequente
uso del latino, ma sono molte le cose che andrebbero ricordate e non
è questo il momento più adatto. Questa in pillole la
sua storia, ma veniamo alla ristampa di questo suo classico pubblicato
originariamente all’inizio degli anni ’90 dalla Minotauro
di Melzi, la storica label Pavese, che ha ospitato tanti classici
del nostro panorama musicale.
L’intro ricorda un po’ il primo disco dei Black Sabbath,
ma è solo un accenno, perché poi una tastiera decisamente
inquietante riporta alle atmosfere dei Goblin e la sensazione di oscuro
mistero pervade l’ascoltatore, un misto di sacro e di profano,
di racconti popolari, come quelli che Di Donato ha sempre amato molto
e che ha rappresentato nei suoi dipinti e non da ultimo nella sua
musica appunto, questa era la title track. “Mortalis Silentium”
è un doom molto ispirato, vagamente ricorda il primo Catena,
ma la musica di Di Donato ha qualcosa di molto personale, il riffing
è molto vario, quasi progressivo, la sezione ritmica non è
sempre ben calibrata, ma l’attenzione va tutta all’atmosfera
decisamente spettrale, che è resa in modo magistrale. “Prex
– II versione” dopo un’apertura alla Klaus Schulze,
prende la forma di un dark rock piuttosto nervoso e disturbante, il
suono della chitarra è insolito e rappresenta il motivo di
maggior interesse del brano, il cantato è poco convincente,
c’è poi questo uso del latino che spiazza un po’,
è sicuramente un punto di distinzione, ma a quanto scorrevolezza
e integrazione con le linee melodiche non è proprio scorrevole.
Queste atmosfere pervadono tutti i brani senza cedimenti, un viaggio
in un panorama dantesco, che raramente è stato eguagliato in
termini di efficacia espressiva.
In aggiunta alla versione originale ci sono tre bonus tracks, la prima
è “Lux Veritas Est” registrata nel 2010, è
un brano molto più maturo, si sente che la registrazione ha
beneficiato di mezzi più moderni, ma anche si avverte la crescita
artistica di Mario e dei suoi compagni d’avventura, musicalmente
il discorso non è cambiato molto, siamo sempre nel doom metal
a tinte dark, forse meno originale del passato, ma sempre efficace.
“Hallow’s Victim” e “Obscura Nocte”
risalgono rispettivamente al 2000 e al 2001, la prima sfiora il metal
estremo, lo fa alla maniera di Di Donato, e il sound è personale,
ma trovo che il nostro abbia espresso delle idee migliori in contesti
più “lenti”, migliore anche l’integrazione
del latino nelle musiche. L’ultima traccia è molto bella
e ispirata, per me il pezzo migliore dei tre, dove Di Donato tira
fuori tutta la sua anima.
In Italia possiamo vantare artisti del calibro di Mario Di Donato
e anche se molti non si accorgeranno di lui, la sua presenza non è
certo un dettaglio e parimenti ci saranno molti che potranno abbeverarsi
al nostro patrimonio artistico, con la sicurezza di trovare artisti
che hanno lasciato un segno profondo nel nostro panorama. GB
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