Oramai è
appurato, il progressive Rock e la Svezia hanno un feeling eccezionale!
Non è più un fatto casuale che queste fredde lande ci
propinano lavori di insospettata levatura. I Black Bonzo non sono
i nuovi redentori, si intende, ma gia dal formidabile debutto “Lady
Of The Light” hanno messo da subito le cose in chiaro. Il loro
credo musicale è alquanto variegato, non si soffermano ad uno
stile preciso,ma vanno a pescare un poco ovunque, dai Camel agli yes,
Urriah Heep, Gientle Giant e qualcosa di acustico riguardante i Jethro
Tull. Il risultato è fortemente personale e d’impatto,
anche se inevitabilmente gli anni ’70 appaiono a noi in tutto
il loro fervore.
Le tastiere di Nicklas Ahlund ricoprono un ruolo importante e le ritroviamo
felicemente grazie all’Hammond, il C3, il Moog ed il Roland
Juno, gioia per tutti i progsters. Il cantato di Magnos Lindgreen
è buono, così la chitarra di Joakim Karlsson che a volte
richiama curiosamente quella di Bryan May dei Queen. Più di
un ora di sballo sonoro, ad iniziare da “Thorns Upon A Crow”,
canzone Rock dal forte impatto. Nella successiva “Giant Games”
si scontrano The Flower Kings con Spock’s Beard periodo N. Morse
e Gentle Giant, lascio immaginare a voi quello che può essere,
uno dei momenti più riusciti del cd. “Yesterday’s
Friends” è un ascensore nel tempo, si scende al piano
anni ’70, brividi sulla pelle per coloro che il periodo ha significato
qualcosa di più che una semplice adolescenza. La registrazione
ha il gusto di proporre i suoni in maniera datata , donando all’ascolto
quel timbro di autenticità che nei prodotti di oggi generalmente
non ti ascolti. “The Well” ha un incedere decisamente
più commerciale e ricorda oltre che gli Urriah Heep, anche
i primi Queen. Nella breve “Intermission-Revelation Song”
si grida quasi al plagio nei confronti dei Jethro Tull anni ’60
e non solo per l’uso del flauto. “Ageless Door”
prosegue il discorso di “Thorns Upon A Crow” e mette in
evidenza il perfetto affiatamento della band. Buona anche “Iscariot”,
più Rock, Gentle Giant style, con piccole schegge di Kaipa.
Ma la perla è celata alla fine, in “Sound Of The Apocalypse”,
semi suite di tredici minuti, dove il Prog Rock si manifesta in tutto
il suo splendore. Immaginate di unire i Pink Floyd con i Soft Machine,
un connubio straordinario di emozioni in crescendo. Nel mio demo a
disposizione godo anche di due bonus track, gradevoli, ma non al livello
del cd.
E’ inutile tergiversare, i paesi scandinavi oggi hanno in mano
lo scettro di imperatori del Prog, cosa dire anche dei Magic Pie,
dei Strangefish, The Flowers King, insomma giù il cappello,
ora passano i Black Bonzo e chi non li ascolta non sa cosa si perde.
Bravissimi. MS
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