Formatisi nel 2005 i B-SON sono un sestetto proveniente da Mannheim,
voce, due chitarre, tastiere, basso e batteria. Alle spalle hanno
la partecipazione a diversi festival europei, dove si sono fatti notare
per il loro sound apocalittico di grande impatto sonoro. Il gruppo
è dedito ad un noise doom postmoderno con cantato gutturale,
un mix altamente caustico e molto disturbante. Un vero e proprio attacco
soniko, al tempo stesso icona e denuncia delle contraddizioni dell’epoca
moderna, un forte grido di protesta contro la massificazione imperante.
Il disco che dura ben ottanta minuti, è composto da sole sette
tracce, la prima è “Illinois” che parte con dei
suoni cacofonici acidissimi di chitarra, fra shoegaze e psichedelia
metal, mentre la batteria traccia un down tempo micidiale e molto
doom, l’impatto è devastante, un brano ruvido e dannatamente
scomodo, che grida dolore con rara efficacia. Solo verso la fine entra
una voce come se uscisse da una radio e il pezzo lentamente lascia
il posto a “400H”, il riff è più riconoscibile,
un giro doom molto cupo, il singer entra con una voce al vetriolo,
l’associazione di growl, screamo e musica non poteva essere
più efficace, veramente terrificante, l’apocalisse è
servita. “60 WV” non è certo più rilassante,
il ritmo rallentato prende via via intensità fino ad un crescendo
di disperazione difficilmente sostenibile e quando termina si prova
pure un certo sollievo. “10000 µF” dura quasi venti
minuti, inizia con un giro tribale sempre molto doom, è un
lungo e soffocante calvario, nel prosieguo ci sono anche parti sperimentali,
sempre alla ricerca di soluzioni estreme, il disco è così
violento che il finale tranquillo sembra strano. “14d”
propone il cantato più estremo del disco, con un growl che
fa male all’anima, il doom più cattivo che si possa trovare,
alcuni passaggi strumentali sono davvero notevoli. “RMS”
è un isola di tranquillità onirica e psichedelica in
un mare tempestoso, devo dire che ci sta anche bene e in qualche modo
prepara alla conclusiva e interminabile “Neg. Black”,
che chiude il disco con oltre ventidue minuti di sperimentazioni doom,
non è così efferata come si potrebbe temere, piuttosto
è una lenta riflessione pessimista.
Negative Black non è un disco per tutti, anzi è da maneggiare
con attenzione, però è la vera fotografia, se volete
a tinte molto fosche, di un malessere che si respira in modo sempre
più evidente e che colpisce a diverse latitudini del nostro
bel mondo occidentalizzato. È facile etichettare questa proposta
musicale borderline come rumore e brutalità, sarebbe meglio
però riflettere sul perché ci sono artisti che esprimono
un disagio tanto palpabile. GB
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