I
Blowback sono una band nordica dedita ad un hard rock seminale e questo
è il loro secondo album, anche se in precedenza avevano realizzato
uno split album, ma quello che conta veramente è il sound dannatamente
vintage. Se il disco precedente era un po’ acerbo, con questo
nuovo lavoro hanno dimostrato in modo inequivocabile la capacità
di comporre brani credibili e di possedere pienamenente la materia
trattata. Per questi dischi solitamente si usano frasi del tipo “se
questo disco fosse uscito… sarebbe un classico del genere…”
e via di questo passo, ebbene questo 800 Miles sembra davvero un disco
partorito in quell’epoca d’oro che furono i seventies.
I dubbi spariscono subito fin dall’entrata delle chitarre nel
primo brano, aperto da un drumming tribale, la lezione dei classici
è marcata, ma la band tira come un treno e il brano, se sparato
al giusto volume, risulta travolgente col suo riffing sulfureo. Bello
anche il flavour semi acustico e spirituale di “The Big Black
Hole”, molto nostalgico. “No Soul” ha un impianto
blues molto sulfureo, riffs ossessivi attanagliano l’ascoltatore
come morse dall’efficacia crudele. “Butterfly” propone
ancora un bel riffing molto roccioso e compatto, gran bel brano, un
moderno classico del genere. “Dead Mans Blues” con un
titolo così ci possono essere dubbi? La band ha fatto propria
la lezione dei ’70 al punto di immedesimarsi completamente,
totalmente. “Fool” è aperta da un drumming selvaggio,
memore del compianto “Bonzo”, anche se poi il resto del
pezzo è un po’ confusionario. “Crossroads”
nella prima parte dice poco, poi verso la fine migliora anche se non
ha molta personalità, ci pensa “Away From the Planet”
a rialzare le sorti del disco, anche se si ha l’impressione
che il gruppo a questo punto abbia iniziato a girare su se stesso.
Questa impressione rimane anche con la pur ottima traccia conclusiva
“Water in My Wine”.
La prima parte di questo album è tutta in crescita, davvero
un Hard Rock potente e soprattutto vero, splendidamente vintage, poi
la band disperde un po’ la propria vena, anche se rimane sempre
su ottimi livelli. In fondo questo disco è un pugno in faccia
a chi crede che oggi non si possa più suonare come nei “mitici”
anni settanta, ascoltate questo 800 Miles e poi mi saprete dire. GB
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