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La criptica label genovese sembra aver scovato una nuova sensazione
dark, infatti gli italiani Blue Dawn, al debutto discografico, sembrano
degni eredi della tradizione dark metal, partendo ovviamente dai capostipiti
del genere, i Black Sabbath, passando per la NWOBHM fino ad arrivare
ai giorni nostri, ma con un sound decisamente vintage, ancorato ad
un modo di fare metal ormai quasi dimenticato. Formazione a quattro,
con Monica Santo alla voce, Paolo Cruschelli alle chitarre, Enrico
Lanciaprima al basso e Andrea Di Martino alla batteria. Ma non mancano
degli special guests che sono James Jason alle tastiere, Tommy Talamanca
sempre alle tastiere entrambe in vari brani e infine Roberto Nunzio
Trabona al sax e Laca all’accordion nella traccia finale.
Un intro tenebroso ci introduce all’ascolto del cd, l’atmosfera
è quasi cinematografica e rende bene il senso di oscurità
che domina tutto il cd. “The Hell I Am” parte subito con
un giro molto metal primi anni ottanta, Monica è brava a rievocare
certe sonorità e il tutto suona molto evocativo, le chitarre
sono molto sabbathiane, nell’assolo in particolare si sente
tutto l’amore di Paolo per maestro Iommi. “Inner Wounds”
mi piace di più, mi sembra di poter dire che anche il nostro
Catena ha influenzato questi musicisti, il brano è molto doom,
ma anche abbastanza personale. “Hypnotized By Fire”, anche
se ha un tocco piuttosto originale, non è riuscita a piacermi,
il suo andamento concentrico a spirale non mi è sembrato riuscito.
“Shattered Illusions” cambia molto spesso atmosfera, passa
con disinvoltura da ritmi veloci a rallentati, con un sound molto
doom, memore dei primi Trouble, avrei preferito se le parti veloci
fossero più bilanciate con quelle lente che dominano. Abbastanza
simile nell’impostazione compositiva, ma più riuscita
è “In MY Room”, dove spunta ancora l'ombra di Iommi.
“Dead Zone” prosegue su questa strada fatta di cavalcate
metalliche e parti lente e sofferte, senza aggiungere molto ai brani
precedenti, ma anche senza scadere. “That Pain” ha un’atmosfera
romantica che mi piace, siamo sempre nel doom, ma in questo caso c’è
un gusto melodico che trovo azzeccato. La conclusiva “Deconstructing
People” è senza dubbio uno degli episodi migliori del
cd, con i suoi inserti progressivi altamente psichedelici, che rievocano
molti spettri, degna conclusione di un disco che, pur nel segno della
tradizione, non si vuole conformare a mode o tendenze, ma che va dritto
per la sua strada.
Non tutti i brani di questo cd brillano, ma nel complesso è
un buon lavoro, onesto e realizzato con vera passione, un disco per
appassionati di musica e non per le masse, ma questo non è
certo un difetto. GB
Altre recensioni: Edge of Chaos; Reflections
From an Unseen World
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