Fare
un breve resoconto della bio di Joe in queste poche righe è
impossibile, ma voglio almeno ricordare che a soli dodici anni aveva
aperto per BB King che si complimentò con lui, da li in poi
ha ricevuto importanti riconoscimenti e ha suonato con gente del calibro
di Buddy Guy e Robert Cray. Un talento davvero genuino il suo.
In questo suo nuovo disco propone dell’heavy blues, non del
rock blues come spiega nel booklet, ma del blues suonato con grande
energia e trasporto emotivo. In effetti nel disco si ascolta del blues
superlativo e anche molto potente, potete chiamarlo rock se preferite,
ma è fondamentalmente blues. Al suo fianco troviamo Jason Bonham
(sempre più bravo) alla batteria, Carmine Rojas al basso e
Rick Melick alle tastiere, come guest c’è niente meno
che Pat Thrall (lo ricordiamo in particolare al fianco di Glenn Hughes)
e in un brano un giovane armonicista di dodici anni (sound familiar?).
In undici traccie Joe ci accompagna in un viaggio virtuale nel “suo”
blues, che spesso è graffiante, raffinato quel tanto che basta
e “sporco” al tempo stesso, istintivo, viscerale, ma anche
controllato, dosato con sapienza, in altre parole Bonamassa dimostra
di conoscere molto bene la materia e sforna un disco che piacerà
non solo a chi ama il blues, ma anche a chi pensa che il blues non
abbia più niente da dire.
Questo è uno di quei dischi che fanno bene al cuore, degno
di essere inserito fra i più grandi del genere e vista la longevità
del rock blues, è un risultato eccezionale. GB
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