L’Hard Prog è un genere che sicuramente in Italia riscontra
un consenso limitato, probabilmente dovuto al fatto che vanno ad innestarsi
due filoni abbastanza distanti, l’Hard Rock ed il Progressive
Rock. L’ascoltatore medio italiano è dedito sicuramente
a sonorità più semplici, il discorso è analogo
al Metal Prog… Ma questo ripeto, prettamente in Italia. Eppure
di maestri in campo ne abbiamo avuti, dai Biglietto Per L’Inferno
a certi New Trolls anni ’70, solo per fare due nomi. Ma quando
questo tipo di musica è suonata e composta come si deve, raggiunge
picchi emotivi decisamente importanti.
Il quartetto bresciano (Serle - ndGB patria del famoso spiedo bresciano!!!)
di nome Bornidol si forma nel 2006, grazie ad un idea di Paolo Gatti
(voce e tastiere) e David Garletti (batteria) e sin da subito si dedica
alla composizione di materiale proprio. Nel 2007 escono con un ep
e dopo vicissitudini di line up, si stabilizzano con Massimo Colosio
alla chitarra e Francesco Fregoni al basso. Oggi tornano all’attenzione
del pubblico, con “Bornidol ²”, un disco ben inciso
nei Phoenix Studio di Emilio Rossi e supportato da un bell’artwork
ideato da Massimo Colosio stesso, con all’interno testi e foto.
Quelle foto sono oscure, come certi momenti dell’ascolto che
compaiono nella mente di chi ascolta. Sette tracce di media durata
(circa sei minuti l’una), canzoni potenti che lasciano intravedere
la cultura e la passione della band anche nei confronti degli anni
’70. Il lavoro alle tastiere è importante, ascoltate
poi “Prologo” con l’annesso classicismo per intendere
meglio. Anche gli assolo di chitarra sono godibili e tecnici.
Apre il disco “Mezzaluna”, Hammond ed una sezione ritmica
pulita e coordinata. “War” può uscire tranquillamente
anche dalla prima discografia dei Litfiba, anche se l’apporto
delle tastiere dona al tutto un risvolto più importante e Prog.“Sognare…Viaggiare”
è il brano più lungo dell’album, con i suoi sette
minuti e mezzo, in esso cambi di tempo e di umore, mentre i testi
malinconici narrano di storie di cuore.
Personalmente resto più affascinato da “La Tempesta”,
anche perché io sono molto legato a certe atmosfere alla Porcupine
Tree, seppure qui soltanto presenti in brevi stralci che giocano soprattutto
sull’emotività Psichedelica. Bello, profondo ed imbrunito
l’assolo di chitarra. Ne “I Banchettatori Di Corte”
la formula canzone torna in cattedra, mentre la conclusiva “Demoni”
con la sua cadenza Hard, chiude degnamente “Bornidol ²”,
sforzo creativo di buona levatura.
Il disco è sicuramente sopra la media delle uscite attuali
al riguardo, se proprio devo ricercare dei difetti, potrei ritrovarli
nella voce, annosa problematica tutta italiana, anche se nella totalità
anche lei raggiunge la sufficienza.
Serve più personalità in questo settore, ma i Bornidol
di personalità ne hanno eccome, per cui sono sicuro che cresceranno
ancora di più, per ora un bel sette più! MS
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