Lo stoner non ha ancora esalato l’ultimo respiro e fin che troveremo
dischi come questo possiamo stare certi che siamo lontani dal mettere
la parola “fine” su un genere che non ha mai raccolto
il consenso che avrebbe meritato.
In realtà fra le mani abbiamo la ristampa di questo album che
è uscito nel ’99, ma il gruppo ha già annunciato
il nuovo album, l’ultimo di una discografia iniziata nel ’91
e mai interrotta. Non c’è dubbio che la passione per
il sound degli anni settanta sia alla base di questo genere, ma i
Clutch sono abili nel modernizzare la lezione dei maestri innestando
le influenze più svariate, ai limiti del crossover.
Il titolo di questo disco mi è piaciuto subito e così
mi sono tuffato con grande curiosità nei vortici del sound
di questi musicisti che prima di tutto amano fare musica in modo veramente
libero e selvaggio. La chitarra è essenziale, con giri che
ricordano i Black Sabbath, ma anche tutto l’hard in generale
dagli Ufo al krautrock, con molti inserti moderni che rendono attuale
e fruibile la proposta del gruppo.
Quindici tracce esplosive cariche di energia in meno di cinquanta
minuti, riffs taglienti come rasoi e una sezione ritmica molto espressiva
e feroce. Il tutto sorretto da un cantato maledetto, quasi sguaiato,
anche questa ricorda ovviamente quella libertà molto freak
degli anni settanta.
Musica nostalgica? Non direi, perché i Clutch amano soprattutto
suonare e divertirsi con la musica, incuranti di mode o tendenze.
Noi possiamo scegliere di entrare o meno nel loro mondo musicale,
possiamo scegliere di partecipare al loro divertimento, io dal canto
mio non ho dubbi. GB
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