Coenen
è un chitarrista veterano della Lion Music, ha all’attivo
dei lavori solisti e altri con i piacevoli Sun Caged. Non fa parte
di quei virtuosi che non vedono l’ora di mettersi in mostra
col loro strumento e ogni tanto tira fuori degli assolo pieni di gusto
e di passione, quindi è una via di mezzo fra abilità
tecnica e passione. Sostanzialmente è un gran metallaro e anche
se non disdegna il jazz, è proprio quando si lascia andare
che tira fuori tutta la sua carica dirompente.
Il suo debutto mi era piaciuto proprio per tutti questi aspetti, ma
devo dire che anche se aspettavo con curiosità questo lavoro,
non sono rimasto del tutto soddisfatto. La formula di Marcel non è
cambiata e continua ad alternare con una discreta maestria parti ritmiche
a solos piacevoli, ma nonostante tutto si tratta di un album molto
convenzionale, meno chitarristico di quanto ci si potrebbe aspettare,
con molte parti cantate e con molte altre prevedibili e poco innovative.
Si parte con “Waiting” un classico metal anthem e subito
si capisce quanto ho anticipato nell’introduzione. Ancora più
incisivo è l’andamento cadenzato di “Abstract Impact”,
un brano bello, ma che non aggiunge nulla a quanto già ascoltato,
ottimo assolo e niente più. In “Patrol Saint” troviamo
anche del prog metal, ma ancora una volta niente di veramente innovativo.
“La Bella Mira” come si può intuire è un
lento romantico e strumentale. “Traumatized to the Bone”
è metal estremo, che insieme al resto del repertorio non so
proprio cosa c’entri. Quindi secondo una logica fin troppo prevedibile
e quasi banale ecco che arriva la jazzata “Skill Factor”,
mr Coenen non ci siamo proprio, per gli accostamenti arditi abbiamo
già avuto un certo Zappa… “That Moment” è
un’altra ballatona dal sapore beatlesiano, mi ricorda molto
“The Garden” dei King’s X. Doppia cassa e ritmi
da cardio palma con “The Shrink” dove la fusion sposa
il metal. “VDM” è il primo brano che mi da delle
vere emozioni, molto POS, ma siamo già verso alla fine del
cd e il bilancio non cambia. “New Race” propone dei solos
lancinanti alla Bellas su un ritmo tipo um-pa um-pa um-pa in doppia
cassa, che tristezza. Chiude un’ultima ballatona dal titolo
esplicativo “Steel Bleeding”, parte con un pianoforte
strappalacrime e poi diventa elettrica e rabbiosa, per poi placarsi
ancora e lanciare un suadente cantato femminile, piacevole.
Sicuramente mi sbaglio, ma ho l’impressione che Coenen abbia
fatto un disco più per compiacere se stesso che non per il
piacere di chi lo potrebbe ascoltare e questo mi spiace, spero davvero
di essermi sbagliato, ma solo coi prossimi lavori potremo capire se
è stato un incidente di percorso o meno. GB
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