Rock Impressions

Collective Soul
COLLECTIVE SOUL - Collective Soul
Roadrunner
Distribuzione italiana: si
Genere: Rock / Pop
Support: CD - 2009

La storia dei Collective Soul è costellata di successi radiofonici, dal ’93 ad oggi hanno prodotto otto album in studio i primi sono tutti platino e molti loro singoli sono entrati in classifica. Il successo per loro è arrivato subito, fin dal primo singolo “Shine” che nel ’93 è arrivato al primo posto certificato nella classifica USA Main Rock, poi via a tutta una lunga serie di hit, ma quello che conta è che il gruppo ha prodotto musica che ha funzionato con una continuità non comune, riuscendo a mantenere negli anni una più che discreta popolarità.

Questo nuovo album, stranamente, porta lo stesso titolo del secondo (il loro best seller di sempre), infatti è stato già soprannominato Rabbit a causa dell’artwork, ma questa è solo una curiosità, per il resto ho l’impressione che i Collective Soul abbiano voluto dare una sterzata alla loro prestigiosa carriera, ecco forse spiegato il perché del titolo dell’album, questi oggi sono i Collective Soul, con una nuova label e un nuovo disco pieno di energia.
Si parte con “Welcome All Again”, che è il secondo singolo estratto dal disco, sembra un po’ di ascoltare gli U2 più energici degli ultimi tempi, un bel riff di chitarra e delle melodie molto catchy. “Fuzzy” non mi ha molto impressionato, con quel fischiettio banale proposto all’inizio, ma per il resto sembra quasi uno shoegazer melodico e non sarebbe così male. “Dig” è più decisa e hard rock e il mio cuore inizia a pulsare più veloce, post grunge dal grande piglio, dal vivo questa fa saltare il pubblico. Anche “You” ricorda molto certe melodie degli U2, col basso che pompa in primo piano, poi nel finale spuntano anche echi degli storici Who, davvero carina. “My Days” spinge ancora più sul lato hard della band, un brano caustico molto settantiano nell’impianto, ma i suoni sono moderni. “Understanding” è il primo brano che mi convince veramente, un punk rock che alterna parti acustiche graffianti a cavalcate alla Green Day e finalmente mostra un po’ di originalità. Il primo singolo estratto dal disco è “Staring Down”, in questo senso la band ha giocato sul sicuro con una ballata elettrica carina, ma anche piuttosto scontata, sicuramente uno dei brani più commerciali del lotto, ma di certo non il mio preferito. Cosa volete io preferisco cose come “She Does” col basso che spinge, delle chitarre energiche e delle belle melodie, commerciali si, ma non scontate o prevedibili. Altro bel pezzo è “Lighten Up”, che fa perdonare le pecche precedenti, non che sia epocale, ma almeno dimostra buona volontà. “Love” è un po’ riempitiva e quindi trascurabile. Chiude la ballata romantica per pianoforte “Hymn For My Father”, un tocco di classe, che ricorda molto Elton John, ma alla fine quello che conta veramente sono intensità ed interpretazione e qui ci siamo.

I Collective Soul sono una band che si è costruita una solida reputazione, perché ha i numeri in regola per lasciare il proprio segno, non sono il massimo dell’originalità, ma funzionano alla grande e ad un pubblico non troppo esigente questo basta e avanza. GB

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