L'iperattivo Lars Erik Mattsson, l'axeman Alex Masi, il tastierista
Alexander King e la singer e violinista Ella Grussner riportano in
vita i Condition Red dopo tre anni di silenzio, con la formazione
pressoché invariata ad esclusione del drummer, mentre in questa
seconda prova sono assenti Derek Sherinian, che aveva tenuto a battesimo
il progetto in veste di ospite di lusso e il singer Stjarnfelt la
cui assenza pesa notevolmente sul risultato.
Se il debutto mi aveva esaltato per il suo approccio sperimentale
al prog metal di scuola americana, devo riconoscere che il nuovo album
è quantomai deludente, le composizioni sono ancora notevoli
e le registrazioni sono più professionali, ma il cantato affidato
solo a Ella, che non ha una briciola di potenza e non coinvolge mai
l'ascoltatore e talvolta appare come la brutta copia di Candice Night,
si innestata in un contesto del tutto innaturale nelle parti metal,
mentre funziona nelle parti lente.
Fortunatamente ogni pezzo cantato è alternato con uno strumentale
e questo salva l'album. Per quanto riguarda la musica in songs come
"Eye of a Storm" e "Cycles" ritroviamo il gusto
neoclassico e barocco nei solos di chitarra e tastiere, nei crescendo
e nelle cavalcate metalliche, una grandiosità molto piacevole,
a tratti solenne, ma anche un tantino leziosa, della serie "ma
quanto siamo bravi!". Non mancano momenti di jazz metal con virtuosismi
mozzafiato, che esaltano i duetti fra la sezione ritmica e le parti
soliste. "Time Passes By" è una bella canzone che
se solo avesse avuto un'interprete della classe di Lana Lane sarebbe
stata tutta un'altra cosa. "It's Not Too Late" è
costruita su un arpeggio dal sapore medioevale che ripropone il confronto
perdente coi Blackmore's Night ed è un peccato perché
le linee melodiche sono davvero belle. Dopo altri brani prevalentemente
metallici troviamo "Your Freedom", un'altra traccia dal
piacevole sapore folk dove Ella si trova più a suo agio e riesce
ad essere più credibile. "In/Out" parte in modo insolito
con un bel giro di basso, poi entrano chitarra e tastiere molto metal
a cui segue un discreto solo di batteria, ma è tutto molto
breve. "Train Insane" è una rock song cadenzata vagamente
psichedelica, ma la voce affossa il risultato, mentre è pregevole
il solo di tastiere.
Se il debutto era fresco, questo non lo è più, anche
se ne mantiene molte caratteristiche a livello compositivio. Questo
disco per certi versi è coraggioso e ha bisogno di più
ascolti per essere digerito, ci sono ottime idee, nascoste in vari
punti, ma rimango del parere che ci sia bisogno di una figura più
incisiva e carismatica dietro il microfono. GB
Altre recensioni: Condition Red
|