Ristampa dell'omonima autoproduzione, "Points of view" ha permesso ai Convergence di acquisire il rispetto che meritano, in virtù di una buona capacità di scrittura che li porta a comporre brani immediati, senza per questo scadere nella ruffianeria di bassa lega. Energia e melodia vanno di pari passo, il suono è bello moderno, decisamente al passo coi tempi, con la voce grintosa di Alessandro Paladini a svettare sull'intrico di note ben dipanato dalla chitarra ficcante di Giacomo Mambriani e dalla sezione ritmica presidiata da Massimiliano Andrini e da Michelangelo Naldini (rispettivamente basso e batteria).

Episodi come "Listen" o la svelta "Six feet under" lasciano decisamente il segno sull'ascoltatore, essendo ficcanti e ben strutturati, ma è alla melancolica e grungettona ballata "Vanished memories" che va attribuito il titolo di brano migliore della track-list, essendo magistrale nella sua disperata epicità. La vena sperimentale dei Convergence, sempre pulsante nuove idee, emerge in vece nella scheggia elettronica di "Silent", sorprendente dimostrazione di come i suoi autori sappiano muoversi senza timore fra generi apparentemente fra loro inconciliabili. "Nothing else" s'apre con un arpeggio delicato di chitarra che ai più vecchietti ricorderà la mitica "Kayleigh" di marillioniana memoria, per poi assumere una veste decisamente personale.

I Convergence vanno tenuti in considerazione, in quanto il loro stile è nitidamente riconoscibile; come già sottolineato, non manca loro il coraggio d'osare, tanto che risulta praticamente impossibile appiccicare loro addosso una etichetta precisa. Il tutto senza mai apparire forzato o confuso. AM

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