I bolognesi Danger Zone debuttarono ventotto anni fa con l'EP "Victim
Of Time", sei brani di heavy rock piuttosto melodico e ancora
un pò acerbo che suscitarono critiche favorevoli e spinsero
la band a proseguire tanto da spingere qualche anno più tardi
Roberto Priori e compagni anche a trasferirsi negli States, registrando
un intero disco ("Line Of Fire") insieme a Stpehen Galfas
(Meat Loaf, Savatage, Stryper, Saxon, etc) che, causa problemi finanziari
e l'avvento nefasto del grunge, ha visto la luce solo lo scorso anno
dopo esser stato opportunamente rimasterizzato.
Sul finire del 2012 i DZ finalmente danno un segnale importante di
continuità discografico e lo fanno con dodici composizioni
nuove di zecca che rimarcano la loro caratura internazionale grazie
all'hard rock melodico eseguito con passione e competenza da Roberto
Priori (ch), Giacomo Gigantelli (vc), Paolo Palmieri (bt) ed il nuovo
aggregato Roberto Galli (bs).
La titletrack apre il disco con un bel riff di chitarra spalleggiato
da tastiere che giocano un ruolo di secondo piano quanto importante
nello sviluppo di un brano molto vicino alla scena class metal americana
di fine anni ottanta, mentre la successiva "I To I" risulta
più metal e aderente alla scuola europea stile Bonfire. "Half
The Chance" prosegue lungo le medesime coordinate, solo rallentando
un pochino il ritmo, "Paralyzed" sciorina un bel riff orecchiabile
su una base da power-ballad che merita la sua dose di attenzione grazie
alla bella prestazione di Gigantelli e Priori.
Un anthemico refrain caratterizza il cadenzato hard rock melodico
"Hottest Fire" il cui riff iniziale mi ha riecheggiato la
maestosità dei Deep Purple, e ritengo che dal vivo saprà
attizzare il pubblico per via della sua aurea di canzone senza tempo.
"Falling Up" ha un feeling più umorale e ben rappresenta
l'inevitabile serie dei cosiddetti 'riempi-disco' presente da sempre
in qualsiasi raccolta musicale, ma Priori e soci ravvivano subito
l'atmosfera accelerando con "Desire" che ammicca agli States
come il roccioso tempo medio "Goin' On", meno immediata
rispetto ad altre composizioni presentate in "Undying".
Un tocco di tastiere rende più completa "More Heaven Than
Hell", non così distante dagli Heaven's Edge con quel
flavour melodico impiantato su solide basi class metal, e non troppo
distante da questo modello si colloca "Stand Up" il cui
ritornello anthemico (e banalatto) non fatica a stamparsi nella mente
insieme al gran lavoro chitarristico che la sostiene.
Sempre a metà strada fra heavy rock ed AOR troviamo "The
Dreaming" che, però, non mi ha impressionato come altri
precedenti episodi o la successiva "Love Still Finds A Way",
rutilante rocker che chiude con la giusta grinta un buon lavoro equilibrato
nella forma e nella sostanza, che ravviva il genere senza suonare
nostalgico o antiquato. ABe
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