Gruppo
immenso e straordinario, che ha cambiato per sempre il modo di fare
musica spingendo molti artisti verso sonorità etniche e medioevali,
verso le radici della cultura e quindi della musica.
Band di rottura che, sulle ceneri del punk e del dark, ha saputo costruire
un genere musicale senza confini e senza barriere. Musica che valica
ogni concezione temporale e che si avvicina ad una definizione artistica
molto pura.
Questo cofanetto celebra i vent'anni di attività del gruppo
(in realtà diciotto perché purtroppo si sono sciolti)
di Brendan Perry e Lisa Gerrard. Sfortunatamente abbiamo da recensire
un misero sampler di sei brani per un totale di poco più di
trenta minuti di musica sublime, ma senza uno straccio di nota accompagnatoria.
Da Internet ho appreso che il box è un'opera molto ben nutrita
di inediti e rare tracks per cui questo CD è solo uno stuzzichino,
un assaggio contenente comunque materiale raro e che, da un punto
di vista egoistico, mi lascia un po' di amaro in bocca.
Sei bellissimi brani, molto evocativi e vari che partono con l'intensa
"Sanvean" specie di madrigale con Lisa che canta in modo
indimenticabile, un intenso cammeo molto poetico. "American Dreaming"
mantiene quello che promette: è una tipica canzone americana
stile cantautorale, con una vena malinconica a renderla particolare.
"The Carnival is Over" è un'altra traccia malinconica
dove la voce di Perry fa rimpiangere un po' quella molto più
ispirata di Lisa. "Nierika" gioca ad intrecciare basi elettroniche
a ritmi afro tribali con un risultato molto evocativo e spirituale.
"The Lotus Eaters" chiama in causa l'oriente con i suoi
misteri e le sue nenie sinuose e carezzevoli. L'ultimo brano è
"The Ubiquitous Mr. Lovegrove", una traccia ambigua che
gioca ancora con le contaminazioni fra oriente arabo ed elettronica
per una ricerca espressiva che valica i confini e le culture.
I Dead Can Dance sono rimasti un gruppo da culto, ma questo disco
ne mostra tutta la grandezza che merita di essere riscoperta. GB
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