Nel ‘69 i Deep Purple stupirono tutti, sia il mondo della musica
“colta” che quello della musica “popolare”,
con la pubblicazione di Concert for Group and Orchestra. Oggi, per
celebrare i trent’anni dell’opera, il gruppo sta riproponendo
in tour quella piece con l’aggiunta di una serie di brani, che
solo pochi fortunati hanno potuto ascoltare dal vivo prima d’ora.
L’occasione è irripetibile e il Filaforum risponde degnamente
col tutto esaurito, infatti, l’inizio del concerto viene ritardato
per consentire agli spettatori di entrare. In sala la tensione è
palpabile, fans vecchi e giovani si amalgamano annullando ben quattro
salti generazionali, un pubblico davvero stupendo e i “vecchi”
leoni dimostrano di apprezzarlo, scherzando volentieri con l’audience.
All’inizio del concerto un compassato Jon Lord si presenta al
pubblico per introdurre la serata, per spiegare, se ce ne fosse bisogno,
che questo evento è la celebrazione della sua passione musicale,
eppure proprio Jon, in più occasioni, si tirerà in disparte,
come per contemplare, con umiltà e forse con un certo stupore,
ma sicuramente con tanta soddisfazione, l’arte creata dalla
sua genialità. È sorprendente vedere questo "mostro
sacro" dei tasti d’avorio farsi letteralmente da parte
e fare da spettatore agli altri artisti con reverente attenzione.
Questo atteggiamento umile è, comunque, una costante della
serata dove tutti i musicisti presenti dimostrano di ascoltare con
divertita ammirazione i virtuosismi altrui. Lo stesso nipotino Steve
si avvicinava più volte ad ammirare le evoluzioni virtuose
di nonno Jon.
Sostanzialmente la scaletta proposta è la stessa del CD, pubblicato
lo scorso anno, con la London Symphony Orchestra. Il brano di apertura
è lo stesso Pictured Within eseguito magistralmente da Lord
e dall’orchestra e cantato da Miller Anderson. Il pubblico esplode
con un boato quando appaiono sul palco Glover, Paice e Morse, insieme
con Ronnie. I primi due brani, interpretati dal folletto del metal,
sono tratti dall’opera prog Butterfly Ball. A seguire vengono
proposti "Fever Dreams" e "Rainbow in the Dark"
e i fans ululano di soddisfazione. L’esecuzione dei due brani
del repertorio “solo” di Dio è da brivido, sia
per la sempre ottima performance vocale di Ronnie, sia per l’impatto
devastante che i Purple sanno conferire. Ma ora tocca a Gillan, che
si dimostra piacevolmente sorpreso per l’accoglienza calorosa
del pubblico. L’ugola indimenticabile di Ian, uno dei più
grandi interpreti che il rock abbia avuto, non mette malinconia per
un tempo che non può più tornare, non è l’ombra
di un illustre passato, ma è sempre emozionante, come se non
fosse invecchiata di un anno.
Non tutti i brani sono eseguiti con l’orchestra, ma quelli che
ne beneficiano hanno una resa eccezionale. Il tappeto sonoro creato
dai musicisti rumeni si integra alla perfezione e con una naturalezza
tale che le canzoni sembrano nate per essere suonate così.
In particolare risulta magistrale la resa dei tre movimenti di “Concert”,
gli stacchi sono così potenti che fanno sobbalzare gli spettatori.
L’ovazione finale è un dettaglio.
Morse è un chitarrista straordinario e fa di tutto per dimostrarlo,
ma questo è l’unico neo della serata. Non c’è
bisogno di strafare per esprimere il proprio talento, infatti, gli
altri come Paice, Glover e Lord puntano tutto sul feeling e poco o
niente sulla tecnica (anche se Ian esegue una rullata pressata con
una mano sola, bastardo!!!), Morse invece punta troppo sui virtuosismi,
ma bisogna saper tirare fuori il gusto quando serve. Blackmore forse
non era così tecnico come Steve, ma lo batteva sicuramente
sul piano emozionale. Comunque ribadisco che Morse è un chitarrista
fantastico, più che degno di suonare coi Deep.
Fra le song che hanno goduto di una resa da paura voglio ricordare
"Perfect Stranger", il cui riff sostenuto dall’orchestra
era veramente entusiasmante. Non da meno la celebre "Smoke on
the Water", con un pubblico in autentico delirio. Poi, dopo un
paio di bis, le devastanti "Black Night" e "Highway
Star", la serata si chiude. Un concerto, ooops, un evento inciso
indelebilmente nella memoria di tutti i presenti. Com'è duro
tornare coi piedi per terra. GB
Live Reportages: 2008
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