I Deleyman sono una band cosmopolita, vengono dalla Normandia, ma solo la cantante Beatrice Valantin è francese, il fondatore polistrumentista Aret Madilian è un americano nato a Istambul e cresciuto a Los Angeles con un passato post punk, poi l’armeno Gerard Madilian che suona il duduk, un tipo di flauto in legno, strumento tradizionale tipico e la svedese Mia Bjorlingsson alla batteria. Come si può intuire dal titolo questo è il quarto album di questa band, il primo realizzato con l’etichetta portoghese Equilibrium.

La musica dei Deleyaman si ispira al folk gothico e alla world music, che sono un po’ la specialità di questa piccola label, che ha prodotto album dei nostrani Ataraxia, l’ultimo Rajna di recente pubblicazione su cui ha presenziato anche Aret Mandilian, Dwelling e altri. Il primo brano “Book of Change” ci cala subito in atmosefere orientali molto oniriche, con Beatrice che ci guida attraverso ritmi misteriosi e magici. “Stay On” è quasi psichedelica, la voce nasale di Aret ha un effetto ipnotico, ma ancora più straniante è la sonnolenta “Roses”, una specie di ninna nanna con ritmi appena accennati, molto delicati. Bisogna arrivare al sesto brano “Temples” per ritrovare un po’ di ritmo, una canzone gotica molto malinconica, quasi trip hop. Si torna ancora a sonorità melliflue di grande eleganza, ma anche un po’ noiosette nel resto del cd, che termina con il pezzo più lento di tutto il disco “Arev Tibav”, una scelta che pesa un po’ sul giudizio finale.

I Deleyaman sono una band molto particolare, pur rifacendosi ad altri gruppi, hanno una propria identità, ma mentre mi picciono nei loro brani più ritmati, li ho trovati piuttosto soporiferi in quelli più atmosferici. GB

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