A due anni di distanza dal precendete debutto tornano i Desert Wizard,
un quartetto fortemente radicato nel sound heavy blues psichedelico
con diverse digressioni nel dark sound. I riferimenti musicali si
possono ricercare in formazioni di inizio anni ’70 particolarmente
oscure come gli Horse e in generale in nomi poco conosciuti, anche
se in fondo tutto è nato con Hendrix e per chi è meno
esperto potrebbe immaginare dei Black Sabbath molto acidi con venature
pinkfloydiane. La band comunque è determinata a ricercare soluzioni
abbastanza personali e quello che ne esce è quanto andiamo
ora a raccontarvi.
“Freedom Ride” è una corsa vorticosa costruita
su riff di chitarra e tastiere molto duri, i due strumenti si inseguono
continuamente mentre basso e batteria guidano con fermezza le scorribande
dei solisti, su tutto le voci cariche di pathos e il risultato è
veramente convincente. Molto diversa “Babylonia” che inizia
come una ballata nostalgica, costruita su un giro acustico dal sapore
rituale particolarmente evocativo, poi però il sound si irrobustisce
e torna un heavy blues dalle tinte forti, su cui si dipana un sentito
assolo di chitarra, verso il finale però viene recuperata la
ritualità e il tutto perde vigore. “Back to Blue”
invece è psichedelia pura, con suoni onirici e tempi rallentati.
“Blackbird” è un bel blues poco convenzionale,
che dopo un giro tranquillo si incattivisce per bene, per poi tornare
ad un giro quasi alla Goblin, tanto per restare in tema dark. “Dick
Allen Blues” è un bel pezzo dal giro azzeccato, di quelli
che dal vivo fanno smuovere l’audience. Molto sabbatiana è
“Electric Sunshine”, un brano che farà battere
il cuore a tutti gli amanti del genere. “Burn Into the Sky”
è puro metallo oscuro, un concentrato di tenebra retto da suoni
più che convincenti, degni della migliore tradizione, che vede
anche nel nostro Paul Chain un profeta del genere. Si torna ad una
ballata romantica con “Vampires Queen”, un brano intenso
e sofferto, molto ben inserito nel contesto sonoro della band. Anche
l’ultimo brano della band “Bad Dreams” è
decisamente sabbatico e sulfureo, assolutamente riuscito. Chiude la
cover dei Pink Floyd “Childhood’s End”, resa con
lo stile della band, che restituisce una versione densa di un fascino
oscuro, senza privarla di quello originario.
I Desert Wizard sono una band di inguaribili freakettoni e riportano
in vita un sound che, nonostante gli anni, continua a suscitare grande
fascino, sembra quasi impossibile che queste sonorità possano
ancora attrarre così tanto, va contro ogni regola di business
e di mercato ed è proprio per questo che la cosa mi piace tanto.
GB
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