Sotto l’occhio vigile dell’americana Progrock Records,
Kristoffer Gildenlow mente dei Pain Of Salvation, tira fuori tutto
il lato progressivo che è in lui assieme a questo progetto
dal nome Dial. Il suono che ne scaturisce non è propriamente
legato agli stilemi degli anni ’70 (salvo qualche passaggio
corale), ma volge l’attenzione ad un sound moderno e minimalista.
Con lui ci sono Rommert Van Der Meer (chitarra), Liselotte “Lilo”
Hegt (basso) Eugenia (voce soprano), Devon Graves (chitarra), Joy
De Jong (sassofono) e Dirk Bruinenberg (batteria).
I brani sono tutti moderni, raffinati e solo a tratti potenti, sembra
quasi di sentire i Paatos più arrabbiati. Non mancano momenti
scanzonati e giocosi alla Gildenlow (“Candyland”), che
a volte hanno caratterizzato i Pain Of Salvation, ma si rimane incantati
avanti alla semplicità di “Sadness” e alle sue
melodie. Non siamo neppure indifferenti avanti alla dolcezza della
chitarra in “Green Knees”, un brano quasi all’Anathema,
tutto il lato romantico dell’artista fuoriesce allo scoperto.
Si ricercano incontri vocali fra Eugenia e Kristoffer come in “Hello”,
suggestivi e di buona riuscita. “Point Of View” carezza
assieme al suo caldo basso, sempre rigorosamente sostenuto dalle mielose
melodie del gruppo. Personalmente il brano che riesce a mettermi ko
è lo struggente “Wish It Away”, perfetto connubio
post moderno-nostalgico dalle venature elettriche date dalla chitarra
durante l’assolo.
Personalmente spero che questi Dial non siano solo una band sperimentale
di Gildenlow atta ad uno sfogo nostalgico represso dell’artista,
ma che sia una creatura che gode di vita propria , visto che il risultato
riesce ad entusiasmarmi più degli ultimi deliri dei Pain Of
Salvation. Chi ama il suono delle band da me sopraccitate non deve
lasciarsi sfuggire “Synchronised”, un disco per palati
sopraffini. MS
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