Questo
cd mi ha incuriosito fin da subito, grazie alla Musea mi sono abituato
ad ascoltare senza pregiudizi gruppi che vengono da ogni angolo del
globo e spesso ho scoperto che le diverse culture apportano idee molto
interessanti ai vari generi musicali a cui i gruppi si dedicano, ma
un progetto proveniente dall'Indocina non me lo aspettavo proprio
ed ecco spiegata la curiosità.
Questo gruppo si compone di otto elementi che suonano un po' di tutto,
da strumenti canonici a quelli tradizionali e questa ricchezza da
vita ad un sound unico, molto ricco e variopinto. La musica dei Discus
è molto sperimentale e a volte può anche disorientare
un po' l'ascoltatore.
Sei tracce molto lunghe e complesse nella migliore tradizione prog,
non nel senso che il gruppo si rifà ai classici, ma che li
reinterpreta continuandone la tradizione. Ecco allora il primo brano
di oltre nove minuti che inizia come una danza locale e poi si trasforma
in una sfuriata prog metal molto dura, poi diventa un pezzo sinfonico,
poi cambia ancora per andare su atmosfere tipiche del prog settantiano
e poi cambia ancora e diventa nu-metal, ma non basta è un continuo
susseguirsi di generi diversi coniugati fra di loro, c'è spazio
anche per del jazz, non è facile da seguire, ma possiede un
certo fascino.
Con una tale varietà la descrizione perde di significato perché
sono ancora così tante le sorprese che ci riservano questi
sorprendenti ragazzi. Il disco è strano, insolito, in altre
parole originale, forse un po' caotico, ma merita almeno un ascolto.
GB
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