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questa mi mancava, l’Elettronic Art Metal! Certamente che conosco
Arjen Lucassen ed i suoi Ayreon, ma qui siamo oltre. I Dol Theeta
sono un trio greco, composto da Thanasis Lightbridge (sintetizzatori
e batteria), Kortessa Tsifodimov (Voce soprano) e da Dimitris Makrantonakis
(chitarra). Come si intuisce dal titolo, si narra di paesaggi e storie
spaziali, indubbia quindi l’importanza dei sintetizzatori per
creare le atmosfere giuste. L’elettronica si incontra con L’Heavy
Metal come nel crescendo del brano “Silver Air” ed incuriosisce
la nostra mente.
Un gruppo che si addentrava in simili sperimentazioni, negli anni
’90, era gli Omnia Opera, ma qui siamo al cospetto di una produzione
più pulita e ad un sound più curato negli arrangiamenti.
Davvero bella la voce di Kortessa, che dona al lavoro un alchimia
perfetta, o meglio che la completa, perché sentire Elettronica,
Metal e voce soprano, credetemi, non è cosa da tutti i giorni.
Orientaleggiante e sensuale è “Night time”, sinuosa
e donna, comunque sia autoritaria nel suo crescendo. Fra i loops del
disco si nascondono anche altre influenze, arie gotiche e qualche
richiamo agli onnipresenti Pink Floyd. Gioca con effetti stereofonici
“Mud”, ma le chitarre non hanno pietà di noi, elargiscono
un riff violento e nervoso, mentre sopra a tutto questo canta con
enfasi la nostra soprano. “In The Forest I Found” ha qualcosa
di Mike Holfield e resta un brano più canonico, pur giocando
sempre sull’elettronica. Le melodie sono importanti, tanto quanto
la loro voglia di stupire. I brani sono collegati fra di loro, per
risultare infine una odissea sonora. Si staccano con “Afterlife
Crescendo”, un momento più Psichedelico – Progressivo,
ritmato e martellante, comunque aperto a cambi di tempo e di umore.
Lodevole la volontà di spezzare i suoni con la varietà
delle idee, come ad esempio nelle chitarre più jazz di “Every
Goodbye”. Confesso comunque che gli effetti elettronici sono
a volte troppo invadenti e rischiano di annoiare un poco. Ancora Holfield
nell’inizio di “Goddess”, in definitiva si va avanti
così fino alla fine. Proprio il brano conclusivo “The
Universe Expands” è uno dei frangenti più alti
del disco. Molte idee in questo onesto lavoro, un prodotto inusuale,
ma non per questo deprecabile. A volte si ha la sensazione di ascoltare
i Nightwish misti agli Ayreon, eppure dopo alcuni ascolti, tutto prende
più personalità.
Con il tempo ed il fatto che ci si fa l’orecchio, “The
Universe Expands” dimostra carattere e convince appieno. Peccato
solo per qualche ripetizione di troppo, forse un concept così,
andava fatto più snello e coinciso, comunque sia è interessante
e merita tutta la nostra attenzione. MS
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