Questa
band tedesca si è formata nel 2003 e ad oggi ha pubblicato
tre singoli prima di questo album di debutto, il gruppo nasce come
side project del batterista Jari Rebelein (Rodeo Queen e ex Nail)
e del cantante e chitarrista André Dietrich (Volt) che si sono
incontrati in tour e hanno deciso di unire le forze con l’intento
di fare musica totalmente fuori dagli schemi. Ovviamente essendo un
duo hanno una grande libertà che si traduce in sperimentazione
pura. Nel disco ci sono degli ospiti in alcuni brani, ma che hanno
un impatto decisamente marginale al sound dei nostri.
Fra hardcore punk, stoner, post rock, suoni pesanti e oltre modo distorti
si forma il gusto di questi musicisti veramente “alternativi”.
Ne escono queste otto traccie sguaiate e sporche, piene di energia
come non se ne sentiva da tempo, in un certo senso mi sono sembrati
dei moderni Stooges, con gli opportuni distinguo, quello che il gruppo
di Iggy Pop ha cercato di creare alla fine degli anni sessanta sembra
essere lo stesso obbiettivo aggiornato coi tempi di Jari e André.
L’attitudine punk è molto presente, se non nello stile,
almeno a livello di approccio alla materia musicale.
Il brano di apertura “Underlaydisk” si presenta molto
più complesso di quanto si potrebbe immaginare con la mia introduzione,
si tratta di un funky rock esasperato, come una versione molto punk
e acida dei Primus. Più lineare e diretta è “Zwarte
Pieten”, ma trasuda grande rabbia ed energia anche se alla lunga
l’ho trovato un po’ monotono. “Monstermann”
è puro punk del nuovo millenio, riffs secchi e un cantato sguaiato
come pochi, c’è da chiedersi che significato dare a tanta
violenza sonora. “Der Mann Aus Gold” è retta da
una ritmica molto tribale, il singer sembra fare il verso al primo
Peter Murphy dei Bauhaus, infatti il brano è decisamente oscuro
e maligno, poi il tutto si trasforma fino ad arrivare ad un metal
estremo, vicino al Death. Ancora più urlata e disperata appare
“Rhythmus”, ma poi c’è un intermezzo che
placa un po’ gli animi, ma è solo una parentesi prima
dell’armageddon finale. Troviamo ancora dei ritornelli ripetuti
in modo ossessivo in “Doccode”. Più interessante
è “Wokkk” retta ancora da un ritmo dal sapore funkeggiante,
che poi si trasforma in un intermezzo onirico e psichedelico, vagamente
jazzato, uno dei momenti migliori del disco. Chiude il giro avvolgente
di “Wolke”, uno dei momenti più pacati e forse
anche per questo più riusciti, almeno per il mio gusto.
È bello incontrare ancora degli artisti che sanno fare musica,
certo non sono un gruppo per tutti, non sono “radiofonici”,
non sono ancora nemmeno “maturi”, ma la loro sperimentazione
potrebbe dare il via ad una nuova stagione del rock, che molti stanno
aspettando da tempo. GB
|