Nel panorama del progressive rock ci sono molti nomi che sono ingiustamente
conosciuti solo da una ristretta cerchia di persone, in questi casi
si parla di “band da culto”. Questi musicisti norvegesi
corrono il forte rischio di essere considerati in tal modo nonostante
undici anni di carriera e quatto album.
Sono sicuramente consapevoli che il loro amore per le sonorità
progressive e psichedeliche li costringe ad un pubblico di nicchia
ma la loro passione è sincera e scrivono musiche pregevoli,
che meriterebbero un più vasto airplay. L’impostazione
è settantiana, con lunghi brani, ricchi di passaggi strumentali
articolati, epici e visionari, con duelli tra tastiere e chitarre
e una solida base ritmica, il rock poi si mescola al jazz con tocchi
di classica, che spuntano ogni tanto, ma soprattutto è solido
rock, di quelli che scaldano il cuore e fanno muovere. L’attenzione
della band alle composizioni è sempre alta, i brani, anche
se lunghi, scorrono molto bene e denotano che non si tratta di musicisti
prigionieri del passato, c’è un tocco di modernità
che rende attuale la musica che propongono.
Un bel disco, spero non soffra delle considerazioni fatte in apertura,
perché merita di essere ascoltato. GB
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