Ho un debole per le band che hanno ironia e un alto senso dell’umorismo,
lo confesso. Detto questo avrete capito che rischio di non essere
davvero obbiettivo, se poi ci si aggiunge che il trio bolognese composto
da Francesco Ciampolini (pianoforte e tastiere), Renato Minguzzi (chitarre)
e Lorenzo Muggia (batteria) propone Funk Jazz Prog… beh, allora
rischio proprio di essere di parte. Amo l’innovazione e l’osare
nella musica, sia con ponderatezza che scelleratezza, ma soprattutto
amo se fatta con voglia di divertimento. Questo fattore è contagioso,
se si diverte chi suona, lo si trasmette a chi ascolta, un poco come
succede con una risata in pubblico, una persona ride senza un perché,
attorno a lui a mano a mano ridono tutti non sapendo a loro volta
il perché.
I Feat. Esserelà si fondano nel settembre del 2009 e da allora
si esibiscono in numerosi concerti live e in festival, riuscendo anche
a vincere diversi concorsi musicali.
“Tuorl” è il loro primo album, ed esce dopo due
anni di lavoro e di ricerca sonora da parte della Joe Fassino Records
in collaborazione con la Lizard Records. Di certo a guardare la copertina
del cd non è che si è molto attratti, tuttavia si è
incuriositi ed ecco che l’artwork all’esterno scialbo,
all’interno invece nasconde un simpatico libretto di accompagnamento
con foto ironiche e la voglia di Esserelà. Il personaggio che
accompagna la band ed il suo tuorlo d’uovo, si fanno un giro
in ambienti noti, come la fabbrica in Inghilterra immortalata nella
famosa copertina di “Animals” dei Pink Floyd, oppure in
un dipinto surreale di Escher. Lascio a voi la scoperta del resto,
almeno il piacere di scoprirlo al momento dell’acquisto.
La musica è bene incisa, il suono tende più al cupo
che al cristallino, mentre i brani contenuti sono undici (con titoli
quantomeno improbabili) e tutti strumentali.
Sembrano, o perlomeno vogliono darlo a credere, che i Feat. Esserla’
siano dei notevoli improvvisatori, questa sensazione l’ho avuta
però solamente ai primi ascolti di “Tuorl”, perché
con l’avanzare di questi, ho invece notato una certa ponderatezza
nell’essere spontanei. La sanno lunga e per dirla tutta la sanno
anche raccontare. Persino i titoli sono sensazioni improvvisate, basta
citare “Anche Cotoletta”, “Il Nostro Batterista
Ha Un Buco Nella Gamba”, “Un Duettrè Qqua”,
solo per dirne alcuni, che sembrano non voler dare importanza alla
buccia, bensì solo alla polpa, ossia alla musica. E perché
no, non è sbagliata.
Funk, Jazz, Area, Prog, cambi di tempo, umorali…insomma quello
che il genere in questione esige e che quando l’ottiene raggiunge
vertici importanti.
Non è semplice tenere fermo il piede all’ascolto di questi
brani, tutti di media e breve durata, escluso “No ( )”
che supera gli otto minuti.
Come vedete non accenno a nessuna descrizione di un brano, il perché
lo avrete intuito da soli, tuttavia tengo a sottolineare una grande
fantasia compositiva e buona tecnica esecutiva, come ho già
detto, non sono sprovveduti, anche se sembrano volerlo a dare.
Mi domando e dico soltanto perché noi italiani abbiamo queste
capacità e non le sappiamo sfruttare a dovere. Bisogna imparare
anche a sapersi vendere, perché all’estero su questo
campo non sono di certo superiori a noi quando si tratta di musica
a questi livelli. Se poi mettiamo sulla bilancia che “Tuorl”
è un debutto, allora c’è seriamente da riflettere.
Complimenti ragazzi. MS
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