I
canadesi Fen giungono al quarto album, il primo prodotto da una label,
i precedenti erano stati realizzati con mezzi propri, un lavoro sotterraneo
che ha forgiato la band portandola sui livelli che si possono ascoltare
in questo lavoro. Il cammino è stato lungo e il gruppo è
cresciuto parecchio durante questo tempo.
L’album si apre con un brano molto spirituale, dominato da una
malinconia solenne fra Porcupine Tree e Anathema, che ci cala subito
in un climax intenso. Il secondo brano è più metal,
le armonie non sono immediate, posseggono la stessa struggente suggestione
del brano di apertura, anche se il taglio è molto più
nervoso. “The World is Youg” ha le movenze di una marcia
funebre, uno dei brani più oscuri che conosco (e ne conosco
tanti), se fosse un disco di doom sarebbe già un must, ma siamo
nel prog post moderno e presto le atmosfere si rilassano, perdendo
gravità, ma non spessore intimista, questo brano mi ha conquistato
fin dal primo ascolto, molto teatrale e suggestivo. “Miracle”
è molto personale, anche se non entra così facilmente
in testa, ma si sente che la band ha delle idee da proporre. Molto
carino l’arpeggio di apertura di “Find That One”,
che prende il volo nel refrain elegante e contagioso. Molto poetica
è la strumentale “A Clearing”, anche se un po’
troppo breve. “Queen of the Mountain” è quasi Zeppeliniana,
anche se resta in ambito più prog. “End of the Dream”
ha un piglio più diretto, con delle belle melodie nel ritornello,
ma resta comunque un brano non proprio immediato, che perde impatto
nel finale un po’ prolisso. Bella la finale “In Your Arms”,
anche se ricalca idee già proposte nei brani precedenti.
Nel disco dei Fen ci sono degli apici espressivi davvero notevoli
e tante buone idee, anche se il gruppo sta ancora definendo il proprio
sound, perché altri momenti non sono così riusciti e
risultano un po’ ripetitivi. Comunque questa è una band
su cui scommettere per il futuro. GB
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