INTERVISTA
A SIMONE FIORLETTA
di Giancarlo Bolther
Partiamo subito dal tuo disco, come sono andate le registrazioni?
Ciao Giancarlo, le registrazioni sono andate bene per vari
motivi. Io ho cercato di entrare in studio il più preparato
possibile e con le idee ben chiare e per di più l’album
è stato registrato da un mio caro amico con cui ho una certa
affinità musicale, mi sentivo a casa durante le sessioni di
registrazioni. Credo che la cosa migliore sia riuscire ad essere calmi,
senza lasciarsi prendere dalla tensione e cercare di vivere il tutto
come un gioco.
Secondo il tuo punto di vista quali sono i momenti salienti
del tuo album?
Personalmente del mio album prediligo i momenti melodici,
penso che riesca meglio ad esprimermi con la melodia, sia essa composta
anche da fraseggi tecnici, piuttosto che con la tecnica fine a se
stessa. E’ una cosa che comunque amo della musica, il comunicare
con parti melodiche a discapito di esercizi eseguiti all’esasperazione.
In effetti il tuo gusto melodico negli assoli è proprio
uno degli aspetti che mi hanno maggiormente colpito, mi puoi parlare
di come nascono?
Credo che non si possa insegnare o imparare la costruzione
del gusto melodico. E’ una cosa che ognuno di noi ha dentro
e la bravura sta nel fatto di riuscire a tirarla fuori. Quando compongo
brani da solista, la mia intenzione è di musicare la mia vita;
immaginarla come un corto metraggio ed io l’addetto alla stesura
della colonna sonora del mio stesso vissuto. Voglio far provare le
mie emozioni emozionando con la melodia, per questo se suonassi solo
“esercizi” credo che non lascerei niente di mio in chi
in quel momento sta ascoltando la mia musica.
Vuoi sapere come nascono i miei assoli?!…semplicemente suonando!!!
Mi è piaciuto molto il tuo disco, anche quello fatto
con il tuo gruppo, entrambi sono usciti per la Lion Music, una label
straniera, è proprio così difficile trovare credito
in Italia per chi suona musica rock?
In Italia se si parla di Rock – Metal, viene sempre
definito “genere di nicchia” anche se quando si esibiscono
nel nostro Paese gruppi storici stranieri, fanno sempre il pienone
richiamando migliaia e migliaia di persone. A questo contrappongo
il fatto che ci sono validissimi gruppi italiani che all’estero
hanno un seguito impressionante mentre in Italia se ne sente appena
parlare…allora la conclusione che traggo, sia essa sbagliata
o no, è che ci sono molti italiani che “snobbano”
il Rock made in Italy per esaltare gruppi, a volte anche incompetenti,
provenienti da fuori.
Quando anch’io ero ancora alla fase “demo”, mi sono
adoperato per far arrivare il mio materiale a label italiane e non.
Bhè, posso dirti che la maggior parte delle risposte le ho
avute dall’estero, in Italia l’unico che si è sempre
mostrato davvero professionale è stato Elio della Frontiers,
con il quale ho ancora rapporti dato che la Frontiers distribuisce
i lavori Lion in Italia.
Che differenza hai incontrato a registrare il tuo disco solista
rispetto a quello fatto col gruppo?
La differenza sta solo in un fatto di emozioni e responsabilità.
Con la band il peso della registrazione è stato condiviso da
cinque ragazzi, dato che ognuno aveva il proprio compito ben stabilito.
Da solista, ho dovuto dirigere il tutto, avevo solo io voce in capitolo
quindi ero l’unico responsabile degli errori e nello stesso
tempo l’unico autore dei meriti.
Che significato ha fare un disco solista per un chitarrista
in Italia?
Se ti riferisci ad un discorso di vendite, effettivamente
pubblicare un album solista in Italia non ti cambia la vita…anche
se nel mio caso il disco è stato distribuito in ben 26 nazioni!!!
Se ti riferisci ad una questione emotiva, per me pubblicare album
solisti è una grossa gratificazione. Sapere che altri ascolteranno
ciò che ho da dire, mi appaga davvero molto, se poi l’album
viene anche apprezzato, come nel tuo caso e ti ringrazio di cuore,
allora ecco che sono al settimo cielo pronto per la stesura del nuovo
materiale.
Quando ascolti un altro chitarrista quali sono le cose che
ti piacciono e quali quelle che non ti piacciono?
Amo molto i chitarristi che utilizzano la musica come forma
di espressione dei propri sentimenti piuttosto che dimostrazione del
proprio livello tecnico. Se ascolto musica voglio che una volta finito
il disco mi rimanga dentro qualcosa dell’artista in questione
e credo che dischi basati solo sulla tecnica, ti impressionino lì
per lì ma in fondo non comunicano niente.
Secondo te è possibile trovare ancora nuove strade
per migliorare il modo di suonare la chitarra?
Credo sia molto difficile dato che nel passato e nel presente
della musica ci sono stati e ci sono artisti che hanno raggiunto livelli
davvero fuori dal comune, sia in ambito tecnico che armonico. Se si
parla di Steve Vai, Frank Gambale, Paco De Lucia, si va a toccare
l’apice dell’espressione della chitarra. Però sembra
che stia diventando sempre più difficile creare assoli melodici
dato che nella maggior parte dei casi si rischia di lasciarsi prendere
dalla voglia di “strafare” in un contesto esecutivo.
Fra i giovani chitarristi, quali sono quelli che ti hanno
colpito di più?
Ti posso nominare un nostro compatriota, anche se poi sembrerebbe
che mi contraddica da solo. Il caro Francesco Fareri, che ha pubblicato
anche lui l’album con la Lion Music, mi colpisce perché
è davvero impressionante la velocità esecutiva che ha
raggiunto. Nelle sue composizioni non c’è melodia, e
lui è il primo ad ammetterlo, però credo che raggiungere
tali livelli sia comunque un’espressione di quanto possa piacerti
lo strumento a tal punto da investire gran parte della propria vita
su di esso. Anch’io passo le intere giornate con la chitarra
tra le mani, ma a volte mi soffermo di più sul tentare di comporre
linee melodiche piuttosto che alzare la velocità di un metronomo
per superare me stesso nell’esecuzione. Tengo a precisare che
non critico assolutamente la scelta di diventare un super tecnico
dello strumento, però non la condivido se poi essa va a discapito
della musica.
Qual è il tuo modello di chitarra preferito e perché?
Personalmente posseggo varie chitarre elettriche, acustiche
e classiche. La chitarra elettrica alla quale sono affezionato è
una “Prestige Ibanez” (Serie S). E’ molto versatile
come strumento e mi ci trovo bene a suonare un po’ tutto, posseggo
anche la Strato, la Tele, altre Ibanez e via dicendo, però
con quella in questione il discorso è ben diverso.
Se potessi scegliere un vecchio modello di chitarra, dove
cadrebbe la tua scelta?
Non ti so rispondere dato che non amo molto la musica del
passato (‘70 / ‘80) e di conseguenza gli strumenti di
allora.
Quando registri in studio quanto peso dai alla tecnologia?
Non la considero assolutamente!!! Non mi piace pensare che
un computer possa velocizzare un mio fraseggio oppure correggerlo
in un modo o nell’altro. Piuttosto preferisco rimandare le registrazioni
e prepararmi meglio una determinata parte anziché non essere
io a suonarla. Voglio che il disco rispecchi perfettamente le mie
potenzialità, nulla di più o nulla di meno, a tal punto
da riproporlo dal vivo così come è stato registrato.
Secondo te le nuove tecnologie aiutano i musicisti o li rendono
meno creativi?
Forse più che rendere meno creativi, le nuove tecnologie
possono farti imparare meno lo strumento, il che è una cosa
orribile. Si potrebbe pensare “Come mai devo passare ore ed
ore su una chitarra a migliorare la mia tecnica se ho un bel programma
al computer che può lavorare al posto mio?” Ed è
così che magari ci sono artisti che pubblicano album perfetti
senza un minimo errore e poi se li senti suonare dal vivo ti metti
le mani ai capelli per quanto possano essere scandalosi.
Ti va di stilare una top ten (il numero è indicativo)
degli album importanti per l’evoluzione della chitarra elettrica,
indicando anche il perché (puoi indicare anche album non incentrati
sulla chitarra)?
E’ un po’ difficile da rispondere dato che secondo
me più che evoluzione della chitarra elettrica, si potrebbe
parlare di una classifica di dischi che hanno aiutato un determinato
artista a raggiungere il proprio livello ed in questo modo si andrebbe
a finire in un discorso personale piuttosto che generico. Ci sono
talmente così tanti gruppi o artisti nel mondo che magari una
mia classifica potrebbe non rispecchiare la risposta che magari uno
si aspetterebbe. Posso solo dirti che amo molto andare alla ricerca
di artisti che si muovono più nell’underground piuttosto
che comprare dischi dei soliti grossi nomi!!!
Quali sono gli artisti (anche non chitarristi) che ti hanno
influenzato maggiormente?
Ti faccio qualche nome grosso tanto per contraddirmi con
la risposta precedente. Amo molto i vecchi album di Joe Satriani,
Neil Zaza e Neil Schon. Da un po’ di tempo a questa parte, posso
dirti che mi sento più legato a Neil Zaza dato che ai miei
occhi l’artista in questione è stato perfettamente in
grado di fondere tecnica e melodia…ciò non vuol dire
però che il mio stile sia simile al suo o che voglia essere
una sua copia!!!
Se potessi scegliere i musicisti con cui suonare, chi vorresti
al tuo fianco?
Sono fiero di farti sapere che in un certo senso questo mio
desiderio si sia avverato. Dato gli ottimi riscontri del mio album,
“Parallel Worlds”, sto già lavorando al nuovo materiale
con il grande Andrea De Paoli alle tastiere (Labyrinth), Pasko al
basso (Sigma, Joachim – Hammer Fall) e Tony Liotta alla batteria
(Tina Turner, Chick Corea ed altri)…meglio di così!!!
Che progetti hai per il prossimo futuro?
A parte il mio nuovo disco che ti dicevo, a Gennaio dovremmo
entrare in studio con i Moonlight Comedy per dare vita al nostro secondo
disco!!! Comunque sarai aggiornato su tutto, ok?!
GB
Altre interviste: 2006
Recensioni: Parallel Worlds; My
Secret Diary
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