E’
con estremo piacere ed interesse che recensisco il terzo lavoro da
studio della band portoghese Forgotten Suns. La band del chitarrista
Ricardo Falcao e del cantante Linx vede la luce molti anni fa, nel
1991, mentre il primo disco ufficiale viene edito nel 2000 e porta
il titolo “Fiction Edge 1 (Ascent)”. Ricalcano immediatamente
le sonorità tipiche del genere in Europa, per cui tutte le
band più importanti vengono saccheggiate dal loro sonwriting.
Solo con il successivo “Snooze” del 2004 le cose cambiano
un pochino, c’è un tentativo di spostare le coordinate
verso un Metal Prog più “addomesticato”. E’
il New Prog che lo rende più articolato e sensibile quello,
per intenderci, caro a band come Arena o Marillion. Questo è
un disco più complesso, leggermente fuori dai canoni e che
il pubblico sembra apprezzare.
Oggi a distanza di cinque anni li ritroviamo con “Innergy”
e se tanto mi da tanto, aspetto un ulteriore passo verso il Prog più
canonico, o almeno uno stabilizzarsi della cosa.
Comincia “Flashback” e subito evidenzia una produzione
sonora impeccabile. Il suono è deciso, marcato, secco e tagliente,
un Metal Prog stile Queensryche o Fates Warning, forse oggi scontato,
ma dotato di arrangiamenti gradevolissimi. Gli Arena non ci sono più,
il New Prog è assente, un mutamento ulteriore della band, se
così vogliamo interpretarlo, verso un suono più moderno,
paradossalmente anche più inflazionato. “Racing The Hours”
con i suoi otto minuti conferma la strada intrapresa, un suono duro
e veloce, anche se le linee vocali sono davvero indovinate ed orecchiabili.
La coppia ritmica J,C. Samara e Nuno Correia si dimostra coppia affiatata
e perfetta per questo tipo di sonorità. Quello che personalmente
mi viene a mancare è l’assenza di solo memorabili, tutto
si svolge in ambito canzone e poco più. Qui sembrano i Dream
Theater misti agli Iron Maiden! Servono i dieci minuti di “News”
per scuotermi dentro, sempre suoni moderni, lontani da un certo tipo
di Prog, ma più interessanti. Si intrecciano fraseggi strumentali
con parti vocali sensibili e ben interpretate. Le tastiere di Johnny
ogni tanto si concedono una fuga, ma tutto questo ha maledettamente
la puzza di deja vu. Segue “Doppelganger”, le chitarre
sono sempre dure, secche e taglienti, così la ritmica, proprio
come detto in “Flashback”, quasi a metà del disco
l’ascolto comincia ad avere stanca, non ci sono momenti in cui
i Forgotten Suns staccano, rendendo tutto molto pesante ed impersonale.
In parte ciò avviene in “An Outer Body Experience”,
finalmente qualcosa sembra girare in maniera differente. Gradevolissimo
il solo di basso, questo è un buon esempio di “staccare
l’ascolto”. Tutto il movimento gode di argento vivo, uno
dei momenti più belli del disco. Giungono ora due mini suite,
“Outside In” e “Nanoworld”. Gradevolissime,
ma nulla di trascendentale, decisamente più interessante la
seconda. Suoni tecnologici e voci narranti arricchiscono l’ascolto,
ma siamo sempre lì, tutto è gia sentito. Chiude l’
ottima “Mind Over Matter” questo disco fatto di alti e
bassi.
Certamente non era proprio questo che mi aspettavo dai portoghesi,
dopo quasi cinque anni non andavo proprio a pensare che andassero
a pescare nel pentolone dei Dream Theater!
Lo ascolto molte volte, per cercare di capire se sono io, o meglio
per metterlo alla prova del tempo e niente da fare, le sensazioni
sono sempre le stesse. Peccato, un bel disco che si perde nei canoni
del genere in maniera troppo scontata. Va comunque rimarcata l’assoluta
professionalità del prodotto, e che sicuramente questo piacerà
agli amanti delle band fino ad ora citate. MS |