Valerio Goattin è un chitarrista e cantante veronese, in passato
ha fatto parte di gruppi metal underground come Anteo e Riul Doamnei,
mentre oggi suona con gli spagnoli Slap Guru. Amante del prog settantiano
e del folk nordico, ha deciso di dar vita a questo progetto acustico
che cerca di proporre un mix di questi elementi, a cui possiamo aggiungere
anche un tocco di musica medievale, alla ricerca di un sound evocativo
e onirico, sorta di riflessione poetica sui problemi esistenziali
dell’uomo, come la fatica di vivere, che è un po’
il concept che anima il presente album, il cui titolo infatti significa
la danza della morte. Per la realizzazione dell’album hanno
collaborato diversi musicisti fra cui Stefano Masotto al basso, Giulio
de Boni al flauto, Lorenzo Boninsegna alla viola e Michele Nicoli
alla batteria.
Il disco si snoda in otto tracce, anche se sembra molto un unicum
compositivo e questo è anche l’intento di Goattin. I
primi due brani sono parti della stessa canzone, “Dods…”
è una ballata misterica e onirica, che crea un’atmosfera
brumosa e incantata, dove regna un senso di malinconia profondo. “…
Dans” continua aggiungendo un andamento molto ondeggiante, inizia
la danza macabra e il flauto inizia il suo incantesimo. Interessante
anche “Cerebus”, che sembra unire agli elementi precedenti
un cantato ispirato, di certo queste prime canzoni mostrano un contesto
che, anche se ci sono riferimenti, non assomiglia a nulla di già
ascoltato, almeno da me. Di folk rock ne ho ascoltato parecchio, dai
Comus, ai Lindisfarne, agli Horslips con tutto quello che ci sta in
mezzo, compreso il folk apocalittico di Dead Can Dance e Sol Invictus,
per arrivare agli americani Ancient Vvisdom, ma trovo le sonorità
dei Galaverna molto personali. Pur essendo una produzione indipendente
e molto underground, il risultato è molto apprezzabile, grazie
ad uno sforzo di produzione che ripaga ascolto dopo ascolto. Qualche
momento è più ispirato di altri, ma nel complesso è
un disco che va ascoltato dall’inizio alla fine. belli anche
i due brani conclusivi “Mother’s Leaving” e “Uppvaknande”,
tra i miei preferiti.
Sono contento di aver avuto l’opportunità di ascoltare
un album così interessante, spero ora che questo meritevole
progetto possa trovare un suo pubblico, vista l’originalità
non dovrebbe mancare. GB
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