È passato un bel po’ di tempo da quando ho ricevuto il precedente disco solista del chitarrista Gianluca Galli (Time Machine, Mantra), ma non ho dimenticato quel disco carico di passione e di feeling, così mi sono avvicinato a questo nuovo lavoro con curiosità. Da notare subito i nomi che hanno accompagnato il nostro in questa nuova avventura: al basso troviamo Tony Franklin in ben cinque brani, poi ancora Andrea Castelli (presente anche sul disco precedente) e Andrea Bartolini, mentre alla batteria c’è Ricardo Confessori, ma la sorpresa maggiore è vedere che in quattro brani il solo di chitarra è proposto da Frank Gambale e uno da Alex Masi, che vuol dire che Galli ha lasciato il posto ad alcuni “amici”, dimostrandosi molto umile e al tempo stesso coraggioso.

Il disco è interamente strumentale, come tradizione vuole, in questo senso l’ascoltatore è libero di concentrarsi sui passaggi ritmici, sui fraseggi, sulle partiture robuste, può apprezzare pienamente le scelte armoniche e i passaggi arditi, che vengono proposti con un impeto che riesce ancora a sorprendere. L’impostazione dei brani non è particolarmente sperimentale, piuttosto si tratta di un mix di tensioni settantiane e ottantine, con un sound attuale e un occhio per quanto è avvenuto nel mondo della chitarra negli ultimi anni, quindi l’ascoltatore non si deve aspettare chissà quali innovazioni, piuttosto questo disco sembra voler mostrare tutta la sensibilità artistica di Gianluca, che possiede una tecnica invidiabile, ma che sa anche farsi da parte per mettere in primo piano altri chitarristi, senza timori o inutili rivalità.

Il mondo della chitarra è ancora abitato da musicisti di grande valore, anche se oggi tutto sembra massificato e incanalato e Galli ci ha dimostrato che ancora si può fare un disco per appassionati della sei corde. GB

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