Rock Impressions

Gamma GAMMA - 4
Dream Catcher

Grande ritorno, dopo diciotto anni di silenzio, dei Gamma, progetto del chitarrista Ronnie Montrose di cui avevo perso le tracce dall'86 anno in cui pubblicò Territory, il suo secondo sforzo solista, ma di cui provavo una incredibile nostalgia.

Ronnie insieme a Sammy Hagar formò nei primi anni settanta i Montrose e il loro album d'esordio del '73 fu uno dei dischi più intensi di Heavy Metal americano, anche gli Iron Maiden hanno reso loro omaggio con la prima cover della loro lunga discografia, quella strepitosa "I've Got The Fire", b-side di "Sanctuary". Lo spirito sperimentatore di Ronnie, però, incrinò irreparabilmente gli equilibri del gruppo che purtroppo si sciolse dopo soli quattro album e prima di assaporare il grande successo.

Dopo il disco solista Open Fire, il nostro forma i Gamma, gruppo all'insegna di quella sperimentazione che Ronnie ha sempre amato, che non disdegna atmosfere sanguigne e seminali e che gioca spesso e volentieri con la tecnologia e con il jazz. Non a caso troviamo il contributo di Ronnie a inizio carriera su un disco fondamentale della musica elettronica: Gandharva, pubblicato nel '71 dalla coppia Beaver & Krause, e su un disco di Herbie Hancock.

Questo ritorno è per me una vera gioia, sono andato subito a curiosare nel suo sito internet www.ronnieland.com ed ho così scoperto che il nostro non aveva mai gettato la spugna, producendo una più che dignitosa discografia, che però non ha avuto una grande eco dalle nostre parti. La formazione è la stessa dell'82 eccetto per il tastierista.

Il quarto episodio dei Gamma parte con l'intessa "Darkness to Light" con un riffone a chiarire che lo spirito indomito del nostro è più vivo che mai, ma che si alterna a passaggi morbidi con gran finale psichedelico. Il secondo brano è una ballad ispirata, ma non molto originale. Con il rock 'n' roll serrato di "Resurrection Shuffle" si torna alla grande e si prosegue con l'hard settantiano di "Oh no You don't!", in entrambe le songs vengono inserite sezioni di fiati molto azzeccate. "Last Man on Earth" è un brano molto intenso che inizia con un intro quasi Floydiano, ma che si trasforma in una sofferta ballata rock intimista. "The Only One" è un brano con una grande melodia, una ballad che se supportata da un buon video e un buon sostegno promozionale entrerebbe dritta nel cuore della gente. Con "Out of These Hands" si torna al rock d'impatto con un grande riff e anche un ottimo ritmo, lento ma trascinante. In chiusura troviamo un brano acustico in stile Zeppeliniano.

Un grande album fatto da un grande artista che con gli anni non ha perso la vena creativa. GB



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