Rock Impressions

Gibnni - 20th Century Man GIBONNI - 20th Century Man
Reflector Music
Distribuzione italiana: H'Art / Goodfellas
Genere: Rock
Support: CD - 2013


Stiamo vivendo un epoca di passaggio molto delicata della musica, al cui confronto il passaggio dal supporto vinilico a quello digitale è stato uno scherzo, oggi si parla del passaggio dal supporto fisico a quello software, basta dischi e cd solo download, non a caso sta tornando la moda del “singolo” e sono sempre più gli artisti che non sono più interessati alla produzione di un intero album, una vera regressione agli anni ’50 e ’60. In tutto questo marasma c’è però un segnale che trovo incoraggiante, il fatto che sempre con maggiore frequenza mi arriva da recensire musica che non viene dai soliti paesi anglosassoni. Poi se vogliamo dirla tutta, credo che ci sarà sempre gente che vorrà avere una collezione di dischi, come accaduto per i libri e per altri oggetti che non sono mai spariti del tutto.

Gibonni, il suo vero nome è Zlatan Stipisic, è un rocker croato molto famoso in patria, la sua carriera è partita a metà anni ’80 con la band metal Osmi Putnik, attorno al 1990 ha avviato la carriera solista ed ha attraversato il difficile periodo della guerra, oggi è uno degli artisti più amati del suo paese, dove ha dominato le classifiche ed ha riempito gli stadi proponendo un pop rock con testi sempre vicini alle problematiche giovanili.

Questo suo nuovo album, che arriva alla soglia dei trent’anni di carriera, una carriera ricca di soddisfazioni, ma questo disco segna una nuova sfida per Zlatan, che ha deciso di valicare i confini nazionali. Tanto per cominciare alla produzione troviamo il pluripremiato Andy Wright (che ha lavorato con Simply Red, Eurithmics, Simple Minds e anche col nostro compianto Pavarotti) e il cantato è in inglese. Il disco inizia con un rock sofferto di “Hey Crow”, una power ballad dal gusto blues, la voce vagamente alla Springsteen di Gibonni appare subito giusta per il genere, il testo è molto profondo e parla delle miserie legate alla guerra con un linguaggio inedito e senza falsi idealismi. “Hide the Mirror” è una ballata intimista con un testo ancora profondo sulla scelta di impegnarsi o meno. “Broken Finger” è un’altra bella ballad che mette voglia di cantare, il refrain è accattivante ed è chiaro che tutto il disco si muoverà attorno a queste coordinate abbastanza morbide nei suoni, un po’ meno nei testi che sono sempre abbastanza schietti. “My Cloud” ha un testo toccante, la base è un rock molto classico, non ci sono novità o colpi di scena, solo musica sincera ed onesta. “20th Century Man” è il primo brano veramente rock, un r‘n’b moderno, che finalmente stacca un po’ e mette voglia di muoversi. Torna il tema della guerra in “Kids in Uniform”, ancora le parole graffiano più della musica, la dote che ha permesso al nostro di arrivare al cuore della gente con grande facilità, musica non troppo ostica per traghettare temi importanti, una scelta spesso più efficace di altre comunque importanti. “My Brother Cain” è un canto di dolore, ancora una volta il testo è toccante, la musica parte lenta e pian piano cresce in intensità, bel pezzo. “She Said” parla del rapporto con un partner, non è la solita canzone d’amore, parla delle incomprensioni, molto cantautorale. “Nothing Changes” è l’ultima ballatona, prima del r‘n’b finale di “Ain’t Bad Enough For R’n’R”.

Come avrete capito le parole di Gibonni mi hanno colpito più della sua musica, che comunque è schietta ed autentica, un rock abbastanza morbido e ben suonato con tematiche toccanti, una testimonianza artistica da non sottovalutare. GB


Flash Forward Magazine

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