Rock Impressions

Michael Gill - Blues For Lazarus MICHAEL GILL - Blues For Lazarus
ProgRock Records
Distribuzione italiana: ?
Genere: Prog
Support: CD - 2010

Ogni tanto c’è qualche label che esce un po’ dai propri canoni, è il caso della ProgRock Records, che con questo titolo costeggia il panorama prog, per avventurarsi nella fusion e nel blues e anche nel cantautorato. Il disco è orchestrato dal pianista californiano Michael Gill che per l’occasione si è attorniato di una lunga serie di session men, circa sedici, fra cui spiccano Dave Weckl alla batteria nel brano “Arrakis” e Dave Koz al sax in “Stay the Night”.

Il disco presenta un’incisione all’antica, non ha quella definizione e quella pulizia che contraddistingue le produzioni moderne e questo difetto può pesare sull’ascolto, un peccato perché alcune melodie sono piacevoli da ascoltare e una migliore incisione avrebbe reso un servizio migliore, ma può anche dipendere dai gusti. Si parte con la progressiva “Merlin’s Journey” che si ispira agli scritti di Mary Steward, in molti altri brani Gill citerà famosi scrittori, il brano è scorrevole, molto melodico, alcuni passaggi sono molto godibili, altri sono meno coinvolgenti, in fondo è standard prog. “Blues For Lazarus” ricorda un po’ Billy Joel, stavolta viene citato Heinlein, mentre la musica è ovviamente blues, ma niente che faccia gridare al miracolo. “Arrakis”, un nome che ricorda subito l’epopea di Dune di Herbert, è pura fusion, un brano strumentale dal piglio dinamico, suonata in modo esemplare, anche se un po’ prolissa, in particolare il finale è un po’ stiracchiato. “Tomorrow’s World” è ancora fusion, ma venata di prog. “Here Comes the Flood” è un bel lento scritto da Peter Gabriel, molto dolce, ma non banale. Ma l’animo più romantico di Gill emerge dalla seguente “Memory of a Dream”, che sembra un po’ un classico notturno. Da questo punto l’album propone brani molto intimisti e privi di nerbo, quasi cantautorali, ma senza avere quei lampi di genio necessari per attrarre attenzione, così “Colorado” e “Stay the Night” scorrono senza lasciare in me traccia. “Rain” cerca di recuperare, ma rimane comunque un episodio troppo debole e il bilancio finale ne risente.

Michael Gill possiede delle buone doti esecutive ed ha anche qualche buona idea a livello compositivo, ma se vuole lasciare un segno deve fare uno sforzo in più. GB

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