La
piccola Transubstans continua imperterrita a dare spazio a gruppi
dannatamente retrò, non so dove li peschi, ma da quando è
nata ha prodotto una discreta serie di dischi ad alto tasso di seventies
e anche un po’ di eighties. Tutti gruppi in bilico fra psichedelia,
hard rock e prog, non sfuggono a questa regola i debuttanti Graveyard.
La musica di questi ragazzi svedesi si rifà ai Blue Cheer,
ai Leaf Hound, all’hard rock più viscerale che ha intorbidito
il blues con riff aggressivi e carichi di acidità, ma non si
tratta di cloni, piuttosto di fedeli seguaci che hanno saputo ridare
vita ad un sound che sembrava dimenticato.
Sembra quasi incredibile pensare che questo gruppo è in piena
attività, ogni brano presente sull’album potrebbe benissimo
essere stato partorito nei seventies e se questo disco fosse datato
’72 o giù di li sarebbe un mega classico ambito dai collezionisti.
Invece ecco nove traccie abrasive che scaldano il cuore, riffs secchi,
potenti, granitici che si susseguono per una quarantina di minuti
senza lasciare respiro. Questo è puro Hard Rock, senza compromessi,
senza concessioni, senza novità, ma con tanta passione e tanto
gusto, è sincero e aspro come un vino fatto in casa.
Nel mondo dell’underground c’è un numero sempre
maggiore di artisti che propongono queste sonorità, non si
tratta di un vero e proprio movimento, ma di tanti musicisti che amano
una musica fatta di emozioni vere e un modo di suonare istintivo e
selvaggio. I Graveyard hanno deciso di raccogliere l’eredità
dei seventies e lo fanno con una convinzione assoluta, il risultato
è questo splendido album. GB
Per un assaggio: http://www.myspace.com/graveyardsongs |